Il Nepal nel caos: migliaia di giovani in piazza, morti e feriti. Bruciata la sede del Parlamento
Violenti gli scontri, decine di manifestanti uccisi dalla polizia. A fuoco i palazzi dei politici, vittima la moglie dell’ex premierCaos in Nepal, con morti, feriti e palazzi istituzionali dati alle fiamme per le proteste di migliaia di giovani contro il blocco dei social media e la corruzione dilagante. Diverse piattaforme, tra cui Facebook, YouTube e X, sono inaccessibili in Nepal da venerdì scorso, dopo che il governo ha oscurato 26 piattaforme non registrate, lasciando gli utenti arrabbiati e confusi.
Dalle prime ore del mattino, decine di migliaia di giovani manifestanti, la generazione Z che ha deciso di spazzare via il nepotismo e la corruzione che dominano il paese himalayano, sono scese nelle strade e, sfidando il coprifuoco, hanno espresso rabbia e dolore per la morte, ieri, di diciannove di loro e il ferimento di altri quattrocento negli scontri con la polizia.
Mentre gli scontri aumentavano con la polizia nepalese che ha sparato proiettili di gomma, gas lacrimogeni e idranti per disperdere i dimostranti a Katmandu, si è dimesso il premier KP Sharma Oli «per contribuire a normalizzare la situazione», e con lui altre tre ministri.
La notizia non ha fermato la protesta che anzi si è fatta sempre più violenta. Uno dopo l'altro, sono stati dati alle fiamme il Parlamento, l'ufficio del Presidente, la Corte Suprema, sedi di tribunali, uffici del fisco, il quartiere generale della più grande azienda editoriale nepalese, che pubblica il quotidiano Kantipur Post. I manifestanti non hanno risparmiato nemmeno i palazzi reali, che costituiscono i fragili resti del prezioso patrimonio culturale del paese, già massacrato dal terremoto del 2015. Dopo le istituzioni, è stata la volta delle abitazioni dei leader dell'establishment politico, incendiate e saccheggiate con slogan come "neta chor, desh chod " (politici ladri, lasciate il paese).
Tra le vittime anche Rajyalaxmi Chitrakar, moglie dell'ex premier del Nepal Jhalanath Khanal, morta per le ustioni riportate nell'assalto incendiario di oggi alla sua abitazione, nel quartiere Dallu di Katmandu. La donna si trovava nella casa data alle fiamme dai manifestanti; trasportata in ospedale in condizioni critiche, è morta dopo poche ore. Il marito, esponente del Communist Party of Nepal (Unified Marxist Leninist), si dimise dall'incarico nel 2011, ma è considerato dai protagonisti della protesta un esponente della vecchia guardia tuttora al potere nel Paese che deve farsi da parte.
Il Nepal si ritrova a sera senza governo, isolato dal mondo, con l'aeroporto, ad appena dieci minuti di distanza dal centro della città, bloccato, con l'esercito che, dopo avere invitato ad interrompere le violenze, si è dichiarato «impegnato a proteggere la sovranità nazionale, l'integrità territoriale e l'unità del paese». E con prospettive per il futuro più incerte che mai.
Perché, anche se il Presidente Paudel ha invitato tutti i partiti al dialogo nei prossimi giorni per risolvere la crisi, i veri protagonisti della sommossa che nelle ultime 48 ore ha segnato il Paese sono i giovani della generazione Z. Tutti sotto i 30 anni, molti di loro studenti, riuniti in un movimento apartitico che non riconosce nessuna bandiera e che chiede maggiore libertà di espressione, la fine della corruzione e lo svecchiamento di una classe politica i cui leader hanno un'età media sui 70 anni. Un movimento che sinora non ha espresso rappresentanti. Tranne, forse, Balendra Shah, noto come Balen, l'ingegnere civile e rapper che, per la sua fama di paladino anticorruzione, nel 2022 è stato eletto da indipendente sindaco di Katmandu. Oggi lo indicano in molti come «la voce della generazione Z», il non politico che dalla dimensione locale potrebbe assumere un ruolo nazionale e dare vita ad una nuova era per l'ex "Terra degli dei".
(Unioneonline)