Compie 100 anni esatti colui che il politologo Robert Kaplan ha definito «il più grande statista bismarckiano del Ventesimo Secolo». Per altri, invece, è stato una sorta di “Machiavelli”, chiamato a destreggiarsi tra le luci e le ombre del potere Usa.

Stiamo parlando di Henry Kissinger, ex segretario di Stato americano, considerato uno dei più grandi maestri della diplomazia novecentesca.

Nato in Germania il 27 maggio 1923 da un famiglia di religione ebrea, Kissinger fuggì negli Stati Uniti nel 1938. 

Si fece largo prima a Harvard, poi a Washington, fino a raggiungere, complice Nelson Rockefeller, il tetto del mondo al servizio di due presidenti: Richard Nixon e, dopo il Watergate, Gerald Ford.

Kissinger concentrò nelle sue mani ogni negoziato rendendo superfluo il lavoro della rete diplomatica: dalla prima distensione verso l'Urss al disgelo con la Cina, culminato nel viaggio di Nixon a Pechino. Gli accordi di Parigi per il cessate il fuoco in Vietnam dopo quasi 60 mila morti Usa gli valsero un controverso Premio Nobel per la Pace: due giurati si dimisero per protesta. Per molti Kissinger fu di fatto un presidente ombra, anche se la scrivania dell'Ufficio Ovale restò sempre per lui un miraggio impossibile per il fatto di non essere nato negli Usa.

La sconfitta di Ford e l'elezione del democratico Jimmy Carter segnarono la fine della sua carriera pubblica, non dell'impegno in politica estera.

Dopo aver lasciato il governo nel 1977, Kissinger fondò il celebre studio di consulenza Kissinger Associates e ancora oggi, quando c’è una crisi (ultimo caso: la guerra in Ucraina) le principali testate non mancano di interpellarlo per cercare di capire come andrà.

La sua ultima profezia? «Il conflitto in Ucraina sta per giungere a un punto di svolta, con Mosca e Kiev che potrebbero sedersi attorno a tavolo per dare il via a negoziati reali entro la fine dell’anno, il tutto grazie alla mediazione della Cina».

(Unioneonline/l.f.)

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