Flotilla, rilasciata la giornalista sarda Emanuela Pala: è attesa nel pomeriggio a Roma
È tra i 26 attivisti liberati. Altri 15 nostri connazionali restano nella prigione israeliana di Ketziot, Tajani: «Per loro espulsione coatta la prossima settimana»Una nave della Flotilla, nel riquadro Emanuela Pala
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C’è anche la giornalista sarda Emanuela Pala tra i 26 attivisti italiani della Flotilla rilasciati dalle autorità israeliane. Hanno preso un volo speciale alle 13 italiane, diretto a Istanbul, e da lì partiranno per Roma.
«Un primo gruppo di 26 cittadini italiani che erano sulla Flotilla sta per lasciare Israele con un charter. Li abbiamo inseriti in un volo della Turkish per Istanbul. Sono già stati trasferiti nella base aerea di Ramon e partiranno dall'aeroporto di Eilat», aveva annunciato Antonio Tajani in mattinata. In Turchia verranno assistiti da un team del Consolato Generale a Istanbul che è pronto anche a fornire documenti di viaggio provvisori a chi ne avesse bisogno, poi di lì partiranno per l’Italia.
Pala dunque ha ottenuto l’immediato rilascio dopo aver firmato un’autodichiarazione in cui avrebbe ammesso l’ingresso illegale in Israele. I suoi familiari, molto preoccupati, possono tirare un sospiro di sollievo.
Altri 15 italiani restano invece nella prigione di Ketziot. Hanno rifiutato di firmare il foglio di rilascio volontario e «dovranno attendere l'espulsione coatta per via giudiziaria, che avverrà la prossima settimana», ha spiegato Tajani.
Chi resta lo fa per tutelare gli altri, spiega la portavoce italiana del movimento Maria Elena Delia: «In questa situazione chi rientra prima è perché sceglie di accettare una procedura di rito abbreviato. Chi rientra lo fa perché è importante raccontare, chi resta è perché con i nostri passaporti privilegiati possono tutelare gli altri. Sono scelte concordate dall'inizio. Questo è un movimento internazionale e internazionalista».
Delia ha inoltre riferito, nel corso della conferenza stampa con i 4 parlamentari rilasciati ieri, che è stato presentato un esposto alla Procura di Roma per il «sequestro» degli attivisti.
«Sono stati detenuti illegalmente senza alcuna base giuridica, prelevati dalla Marina militare israeliana senza che avessero commesso alcun reato. Sono stati sequestrati, non arrestati perché l'arresto presuppone un'ipotesi di reato. In prigione sono stati negati i diritti basilari di difesa e la fornitura di beni e servizi fondamentali come acqua, cibo e accesso ai servizi igienici».
(Unioneonline)