Diversi droni non armati provenienti per la maggior parte dalla Bielorussia pare abbiano violato nei giorni scorsi lo spazio aereo della Polonia alimentando serie preoccupazioni e perplessità. Cosa pensare? A caldo le deduzioni ipotetiche sembrano sprecarsi. Se, per un verso, e come da più opinionisti osservato, il numero dei droni era tale da non poter rappresentare un puro e semplice “incidente” di circostanza, per l’altro verso, quello stesso numero di droni, peraltro non armato per quel che si sia appreso dai media, era certamente insufficiente a configurare un “attacco” in piena regola. Ma all’impressione di fondo, non può non aggiungersi la considerazione per cui la Polonia sia un Paese NATO, e appunto per questo, il governo di Varsavia non ha tergiversato nell’invocare l’articolo 4 del Trattato di Washington, il quale, invero, consente ad ogni stato membro di chiedere una consultazione straordinaria con gli alleati in caso di minaccia alla propria integrità territoriale. Insomma, da parte di Varsavia, per non sapere né leggere né scrivere, meglio provvedere per tempo e restare vigili. Il punto nodale, in realtà, al netto della circostanza in sé e per sé considerata, appare uno solamente. Il pericolo di allargamento del conflitto è reale, oppure, siffatta azione non meglio precisata, voluta o meno forse poco importa, aveva ed ha altre finalità? Magari quella della pura e semplice “provocazione” per così dire esplorativa? Probabile, l’ipotesi potrebbe essere verosimile anche in considerazione della circostanza ulteriore che sarebbe forse complesso ed articolato comprendere chi avrebbe da trarre maggior vantaggio, o semplicemente un vantaggio, da un allargamento del conflitto che metterebbe in seria difficoltà i governi di tutti i Paesi, soprattutto europei, potenzialmente coinvolti per essere impreparati alla guerra dopo decenni di pace vissuta. Non ci sarebbe piuttosto da stupirsi se la Russia di Vladimir Putin abbia voluto mettere alla prova le intenzionalità dei Paesi Occidentali con una operazione “sentinella”, rischiosa senza dubbio ma non troppo. L’incursione di quei droni non armati potrebbe aver costituito uno “stress test” per comprendere il limite di tolleranza, se così lo volessimo definire, non tanto degli Europei, quanto piuttosto di Donald Trump che con i suoi “penultimatum”, sembra essere apparso poco convinto e tutt’altro che disposto ad intervenire direttamente sui contesti del conflitto se non nelle vesti di “interlocutore/mediatore” ma non troppo. Un dato appare sicuramente certo: quello per cui i droni, del tutto indisturbati, hanno violato lo spazio aereo polacco, quindi europeo, palesando, quindi, in maniera inequivocabile una certa debolezza e forse una impreparazione dell’Unione Europea rispetto all’ipotesi poi verificatasi. Il rischio, se potenzialmente reale, sarebbe quello di un allargamento del conflitto ma di fatto sembra difficile comprendere quale piega potrà assumere la situazione. Anche perché, se si volesse restare ancorati al piano delle constatazioni concrete, non si potrebbe non rilevare che subito dopo il vertice in Alaska intercorso tra Donald Trump e Vladimir Putin, la Russia, lungi dal mitigare il proprio agire, ha invece intensificato gli attacchi violando, per errore o meno lo dirà il tempo, lo spazio aereo di un Paese NATO. Un azzardo calibrato? Se così fosse, probabilmente, il Presidente russo, rafforzato in ragione degli esiti del Vertice SCO, potrebbe aver ottenuto conferma dell’impressione maturata in conseguenza dell’incontro di disgelo (se così lo si volesse definire) in Alaska. Ad oggi, dare seguito senza se e senza ma ad una sorta di retorica conflittuale non appare utile per alcuno. La cautela strategica parrebbe imporsi sui potenziali venti di guerra allargata. Per dirla con una metafora, “semplici come colombe, prudenti come i serpenti”.

Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro

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