Una nuova occasione per il cardinale Angelo Becciu di chiarire definitivamente alcune questioni sollevate durante il dibattimento del 5 maggio scorso è arrivata nelle udienze di ieri e oggi in Vaticano. In particolare per quanto riguarda i finanziamenti alla diocesi di Ozieri e all’affare del palazzo di Londra.

Sua Eminenza è tornato a precisare di aver “sempre controllato con massimo rigore i documenti analizzati e istruiti da monsignor Perlasca”.

Ecco i punti al centro della sua dichiarazione spontanea:

  1. Il Revisore generale non poteva accedere alle carte della Segreteria di Stato. "Dubito fortemente che il Revisore generale abbia potuto conoscere la contabilità dell'Ufficio". Becciu mette quindi in discussione la possibilità di accesso del Revisore - la cui relazione è agli atti dell'accusa - in quanto "la Segreteria era completamente autonoma dal punto di vista finanziario. Per violare tale autonomia si aveva bisogno di un mandato specifico del Papa, ma non è mai avvenuto. Anzi nel 2016 vi fu un rescritto consegnatoci dal Cardinal Parolin dove si ribadiva tale autonomia". Dice ancora Becciu: "La Segreteria era sì un dicastero, ma sui generis. Non come gli altri, né poteva esserlo, perché era la Segreteria del Papa e rappresentava il governo della Santa Sede".
  2. Investimenti solo in base a verifiche e proposte dell'ufficio amministrativo. L’alto prelato originario di Pattada sottolinea: "Non ho mai messo in atto decisioni strategiche di investimento. Quelle compiute sono state fatte in base alle proposte dell'Ufficio apposito. Mi davano le loro motivazioni come è avvenuto per il palazzo di Londra e non avendo avuto ragioni contrarie ho dato il mio assenso". Il responsabile dell'ufficio amministrativo, titolato a istruire, valutare e conferire o meno validità a un'ipotesi di investimento, era monsignor Alberto Perlasca, la cui posizione è stata poi archiviata. Se, dunque, Perlasca istruiva le pratiche per Becciu ed è stato archiviato, la difesa del cardinale si chiede come possa restare sostenibile l'accusa per Becciu che riceveva e sottoscriveva i documenti inviati da Perlasca in un rapporto "di piena fiducia" come ha detto Becciu in udienza.
  3. Per quanto riguarda invece gli investimenti e la questione del palazzo di Londra: "Perlasca non mi disse niente" sono le parole di Becciu che ribadisce come provi nei suoi confronti “stima per la sua correttezza e onestà”, ma “ciò che gli rimprovero è che non mi disse niente sulle ipotizzate criticità degli investimenti e del Palazzo di Londra". E ricorda come "mi sottolinearono i grandi vantaggi dell'operazione. Solo vantaggi, non note negative". Inoltre, "mi fidavo di Monsignor Perlasca".
  4. "Il cardinale ha chiarito ampiamente, già dalle scorse udienze, le uniche contestazioni formulate dall'Accusa circa la cooperativa Spes - i due contributi del 2015 e del 2018 - spiegando fatti ormai notori: il sostegno a un panificio e a un centro polifunzionale a vocazione sociale" dicono i difensori Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo. I finanziamenti alla coop Spesa avevano "una esclusiva finalità caritativa, dimostrata con evidenza per tabulas e con i fatti". In generale "il cardinale ha spiegato ogni vicenda rilevante per il processo. Ha evitato di rispondere solo alle domande formulate dal Promotore di Giustizia su fatti estranei alle contestazioni".
  5. Su Cecilia Marogna, l’ex manager cagliaritana che era stata arrestata, Becciu ha ribadito i loro rapporti “chiarendo definitivamente la natura istituzionale dell'incarico conferitole - concludono i difensori Viglione e Marzo - fornendo ogni coordinata necessaria a verificare l'assoluta correttezza del suo operato. Anche sul presunto tentativo di subornazione il cardinale ha fatto emergere la assoluta correttezza della propria condotta chiarendo l'assoluta infondatezza dell'accusa".

(Unioneonline/s.s.)

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