Il 9 ottobre 1989 cadeva il muro che dal 1961 divideva in due la città di Berlino. Simbolo della cortina di ferro, è stato per 28 anni la linea di confine europea tra la zona di influenza statunitense e quella di influenza sovietica durante la Guerra Fredda.

Il muro era stato realizzato per impedire ai tanti professionisti, intellettuali, lavoratori qualificati dell’Est di accedere a Ovest, attratti dalle comodità e dalle libertà del modello capitalista occidentale. Era lungo più di 100 km e realizzato in cemento e filo spinato.

Le uniche vie d’accesso a Berlino ovest erano posti di blocco sorvegliati giorno e notte. Migliaia di tedeschi furono arrestati nel tentativo di varcarlo, in centinaia morirono, in 5mila riuscirono a passare dall’altro lato della città. Il muro per anni ha diviso famiglie, tenuto lontani fratelli e fidanzati.

Gli Stati Uniti potevano ben poco, c’era il rischio di scatenare una guerra nucleare. Le cose potevano cambiare solo dal versante est, e questo successe negli anni ‘80, quando il leader sovietico Mikhail Gorbaciov tentò di rendere più libero e democratico il blocco sovietico. 

Berlinesi armati di piccone per abbattere il Muro (Ansa)
Berlinesi armati di piccone per abbattere il Muro (Ansa)
Berlinesi armati di piccone per abbattere il Muro (Ansa)

La perestrojka rendeva così sempre più inattuale e imbarazzante il muro, e mentre il blocco sovietico iniziava a vacillare (sarebbe crollato nel 1991), si facevano sempre più forti le proteste spontanee dei berlinesi. Quando la DDR annunciò che si poteva di nuovo viaggiare liberamente verso la Germania Ovest, il 9 ottobre 1989 migliaia di berlinesi armati di piccone demolirono una volta per tutte il muro. Un crollo che simbolicamente e di fatto sanciva la fine della divisione dell’Europa in due blocchi.

Per le strade della città ci fu una vera e propria festa spontanea che durò giorni, e neanche un anno più tardi, il 3 ottobre del 1990, la Germania venne definitivamente riunificata.

(Unioneonline/L)

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