«Mi dicono che Wojtyla ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case...». Diventano un caso le parole pronunciate da Pietro Orlandi nell’ultima puntata di “DiMartedì”, su La 7, con la quale il fratello della ragazzina, cittadina vaticana, scomparsa nel 1983, ha ribadito i suoi sospetti sul Papa polacco, fatto santo il 27 aprile 2014, e in genere sulla pedofilia in Vaticano durante il suo pontificato.

La frase di Orlandi (che in questi giorni ha incontrato il promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi, con cui ha avuto un colloquio di 8 ore a proposito degli ultimi sviluppi del caso di Emanuela) ha immediatamente innescato reazioni, anche veementi. Come quella dell'Osservatore Romano, il quotidiano vaticano. «Prove? Nessuna. Indizi? Men che meno. Testimonianze almeno di seconda o terza mano? Neanche l'ombra. Solo anonime accuse infamanti», si legge in un editoriale firmato dal direttore editoriale dei media vaticani Andra Tornielli.

«Una follia - aggiunge il quotidiano della Santa Sede – e non lo diciamo perché Karol Wojtyła è santo o perché è stato papa. Anche se questo massacro mediatico intristisce e sgomenta ferendo il cuore di milioni di credenti e non credenti, la diffamazione va denunciata perché è indegno di un Paese civile trattare in questo modo qualunque persona, viva o morta, che sia chierico o laico, papa, metalmeccanico o giovane disoccupato».

Tornielli sottolinea come le parole di Pietro Orlandi siano accompagnate da un audio attribuito ad un sedicente membro della Banda della Magliana «il quale asserisce - anche lui senza prove, indizi, testimonianze, riscontri o circostanze – che Giovanni Paolo II “pure insieme se le portava in Vaticano quelle”, intendendo Emanuela e altre ragazze». E che «per porre fine a questa “schifezza” il segretario di Stato di allora si sarebbe rivolto alla criminalità organizzata per risolvere il problema».

«Pensate che cosa sarebbe accaduto se qualcuno fosse andato in televisione ad affermare, sulla base di un 'sentito dire' proveniente da una fonte anonima e senza lo straccio di un riscontro o testimonianza anche soltanto di terza mano, che vostro padre o vostro nonno di notte usciva di casa e insieme a qualche 'compagno di merende' andava in giro a molestare ragazze minorenni», sottolinea ancora il giornale vaticano. «E immaginate che cosa sarebbe successo se il vostro parente, ormai defunto, fosse universalmente conosciuto e da tutti stimato, a motivo di qualche importante ruolo ricoperto».

Secondo l'Osservatore Romano, «è giusto che tutti rispondano degli eventuali reati, se ne hanno commessi, senza impunità alcuna o privilegi. È sacrosanto che si indaghi a 360 gradi per cercare la verità sulla scomparsa di Emanuela. Ma nessuno merita di essere diffamato in questo modo, senza neanche uno straccio di indizio, sulla base dei “si dice” di qualche sconosciuto personaggio del sottobosco criminale o di qualche squallido anonimo commento propalato in diretta Tv».

Dal canto proprio Laura Sgrò, legale che assiste Pietro Orlandi, ha spiegato: «Il signor Orlandi non ha inteso formulare accuse nei confronti di alcuna persona, lo ha ribadito al Promotore, lo ha anche scritto in una memoria che ha depositato durante la sua deposizione. Egli ha chiesto solo che la ricerca della verità non abbia condizionamenti. Spiace che alcune persone abbiano estrapolato qualche frase manipolando il quadro complessivo delle sue dichiarazioni. Spiace, altrettanto, che, tra coloro che lo accusano a mezzo stampa di ledere la memoria di chi non c'è più, vi sia anche chi, contattato negli anni dal signor Orlandi, si sia sempre sottratto a un confronto autentico e sincero con lui».

(Unioneonline/l.f.)

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