Truffa internazionale dei Bitcoin: indagini anche in Sardegna
Scoperta una rete criminale con basi in Italia, Francia e Romania dedita a frodi informatiche e al riciclaggio online di criptovaluta.Un arresto e 12 perquisizioni domiciliari e informatiche, con il sequestro di dispositivi elettronici e di centinaia di migliaia di euro in criptovaluta.
È il bilancio di un’indagine, coordinata dalla Procura di Milano e condotta dalla Polizia di Stato, in collaborazione anche con Europol e Polizia portoghese, che ha portato all’individuazione di una rete criminale transnazionale con basi in Italia, Francia e Romania dedita a frodi informatiche e al riciclaggio online di criptovaluta.
Un’inchiesta che ha toccato numerose regioni e anche la Sardegna e in particolare Cagliari e Nuoro, con gli inquirenti che sono riusciti a ricostruire i dettagli di un sistema truffaldino che ha mietuto vittime in tutta Europa.
"Rip Deal” il nome del complesso raggiro tecnico-informatico che colpisce operazioni di scambio di valuta digitale.
Questo il modus operandi, illustrato dagli investigatori: «Fingendosi rappresentanti di un fondo di investimento internazionale, gli indagati proponevano, alle vittime, la stipula di accordi economici volti a finanziare le loro attività imprenditoriali in fase di start-up. Durante gli incontri “d’affari” – sempre organizzati presso ristoranti o hotel di lusso – le malcapitate persone offese venivano indotte ad effettuare movimentazioni di denaro in criptovaluta attraverso wallet fisici (supporti di memoria simili a chiavette USB destinati a custodire la moneta digitale) o app per dispositivi mobili. Prima, però, gli indagati si accertavano che le vittime fossero in possesso di un fondo da utilizzare a garanzia dell’operazione: moneta anch’essa “virtuale” ma con un controvalore assolutamente “reale” e spesso ingente. Con sofisticate attività tecnico-informatiche, veniva sottratto il controllo dei portafogli elettronici alle vittime, che, solo al termine dell’incontro, si rendevano conto che i loro wallet erano stati irrimediabilmente svuotati».
L’indagine è partita dalla denuncia di due imprenditori milanesi e sono durate oltre un anno.
Ricostruiti anche i singoli ruoli dei numerosi appartenenti all’associazione: quelli che adescavano e incontravano le vittime, originari dei Balcani e per lo più residenti in Francia, quelli che si sono occupati di riciclare la criptovaluta – il “giro” è stato ricostruito grazie all’attività di analisi e tracciamento effettuata dalla Postale col supporto di Europol – sono in prevalenza asiatici, ma stabilmente dimoranti in Italia. Le vittime sono austriache, portoghesi, rumene, spagnole, svizzere e italiane.
(Unioneonline/l.f.)