Le imbarcazioni ripartono da Creta e ora sono meno di cinquantuno: la Sumud Flotilla va avanti nonostante qualche defezione e almeno per il momento la meta non cambia, si punta alla Striscia.

Ma le interlocuzioni tra gli attivisti e il governo si fanno sempre più fitte e proseguiranno anche nelle prossime ore. La portavoce della delegazione italiana di Global Movement to Gaza, Maria Elena Delia, appena rientrata in Italia ha sentito al telefono il ministro degli Esteri Antonio Tajani ribadendo: «Andiamo avanti, ma c'è disponibilità a lavorare a una soluzione per un corridoio permanente di aiuti a Gaza». Lui ha risposto sconsigliando ancora di forzare il blocco perché «è pericoloso».

Lo stesso ministro ha informato poi la premier Meloni sul contenuto della conversazione. Il governo da parte sua - ha anche spiegato Tajani in tv - «continuerà a chiedere Israele di tutelare le persone» nelle imbarcazioni. Ed è certo che neppure Frontex garantirà la sicurezza degli attivisti, come ha chiarito l'agenzia di controllo delle frontiere europee.

Per il governo l'opzione principale sul tavolo resta l'intervento del Patriarcato latino di Gerusalemme, che prevede l'arrivo della flotta a Cipro, da cui lo stesso patriarca Pierbattista Pizzaballa garantirebbe il trasferimento dei carichi di cibo nella Striscia attraverso il porto di Ashdod in Israele, passando poi per il corridoio aperto dalle Misericordie Amalthea. Al momento sembra difficile che questa proposta venga accolta, così com'è, dalla Flotilla.

La portavoce, che ha manifestato una maggiore propensione ad una mediazione anche dopo gli appelli del presidente della Repubblica Mattarella, auspica «che si possa individuare rapidamente una soluzione che tenga conto tanto della gravissima emergenza umanitaria quanto della necessità di ripristinare la legalità internazionale». Non a caso sarà a Roma, viene riferito, per «consultazioni con i leader politici e i ministri competenti».

La mano resta tesa anche dal numero uno della Farnesina, che però precisa: «Noi abbiamo detto quali sono i rischi e i pericoli. Fino a che noi possiamo fare qualcosa per scongiurare rischi per i cittadini italiani, lo facciamo. Se poi entrano dentro, li assisteremo là. La nave militare non gli fa la scorta, questa è l'unica cosa certa», dice Tajani alludendo agli attacchi con i droni ricevuti dalla flotta in acque internazionali qualche giorno fa e al rischio che e ce ne siano altri più duri e pericolosi.

Un percorso alternativo che troverebbe maggiore convergenza da parte degli attivisti sarebbe la possibilità di arrivare in Egitto sfiorando le acque territoriali israeliane, dunque raggiungendo la costa a poca distanza dalla Striscia. A quel punto gli aiuti verrebbero scaricati a terra per essere trasportati dai camion verso Gaza, con altre organizzazioni che già operano sul territorio palestinese: questo comporterebbe un'apertura almeno temporanea di uno dei corridoi umanitari attraverso il valico di Rafah. «Se questo accadesse sarebbe una cosa rivoluzionaria», commenta qualcuno dell'equipaggio.

Intanto la Flotilla è ripartita virando a sud, per evitare una tormenta a est di Creta. «Nonostante i sabotaggi la missione continua. La delegazione italiana presente a bordo è composta da circa 50 persone - sottolineano gli attivisti - di cui circa quaranta sono rimaste a bordo e le rimanenti hanno legittimamente deciso di tornare in Italia per proseguire l'attività insieme all'equipaggio di terra».

(Unioneonline)

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