E' un giallo il rilascio di Silvia Romano, la cooperante liberata ieri a 30 chilometri da Mogadiscio dopo il rapimento avvenuto 17 mesi fa in Kenya, nel villaggio di Chakama, a 80 chilometri da Malindi.

Per chi indaga la prima fase del sequestro è stata gestita da una banda composta da 8 persone che avrebbe poi ceduto la ragazza a gruppi islamisti legati ad al Shabaab in Somalia.

Se dietro la liberazione ci sia stato il pagamento di una cifra, come altamente probabile, non c'è ancora la conferma né la smentita dall'intelligence italiana.

Fonti somale dell'AdnKronos parlano di un riscatto di 1,5 milioni di euro. Per altre fonti si parla di cifre fino a 4 milioni di euro.

Secondo il Corriere della Sera gli emissari dei sequestratori hanno fissato "il prezzo finale, dopo i soldi versati per pagare i vari contatti. Il problema non è il denaro da versare, ma avere la certezza di trattare con le persone giuste. Ecco perché ci si coordina con somali e turchi".

Secondo una fonte di Repubblica "i rapitori avevano tutto l'interesse" a far stare bene Silvia Romano perché "l'unico loro obiettivo era intascare più denaro possibile". E "sembra certo - scrive Repubblica -, seppure non arriva alcuna conferma ufficiale, che per la sua liberazione sia stato pagato almeno un riscatto, visto che la ragazza è passata per non meno di tre covi e nelle mani di molti sequestratori".

(Unioneonline/D)
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