Uno splendido monumento naturale devastato dall'uomo. È quanto accaduto ai celebri Faraglioni di Capri, dove operazioni illegali di prelievo dalle rocce di "datteri di mare" hanno desertificato l'ecosistema che si trovava sul 48% delle pareti che si trovano sott'acqua.

La Procura di Napoli e della GdF hanno già notificato 19 misure cautelari con l'accusa di devastazione ambientale e con riferimento anche alle rocce del Porto di Napoli .

L'indagine dei finanzieri, coordinata dalla V sezione della Procura di Napoli e dalla Procura Generale presso la corte di Appello, ha ricostruito un vasto mercato illecito che vede coinvolte due organizzazioni (una napoletana e l'altra stabiese-caprese) le quali controllavano la raccolta abusiva e devastatrice dei datteri di mare da oltre trent'anni.

Durante le intercettazioni telefoniche e ambientali, durante pochi mesi, è emerso che in quel breve lasso di tempo erano stati raccolti ben 8 quintali di datteri di mare, che nei periodi festivi arrivano a costare anche 200 euro al chilo.

Tra i reati contestati a vario titolo figurano l'associazione per delinquere finalizzata al compimento di numerosi delitti ambientali, inquinamento e ricettazione.

Si tratta, secondo gli investigatori, di un'indagine "pionieristica", integralmente accolta dal gip di Napoli Egle Pilla, alla quale hanno dato il loro contributo esperti - come il prof. Giovanni Fulvio Russo, presidente della Società Italiana di Biologia Marina (SIBM) e non solo, e il professore Marco Sacchi, dell'istituto Scienze Marine del CNR - nella quale è stato raccolto e adoperato tutto l'impianto accusatorio elaborato di recente in materia di delitti ambientali, che poggia le sue basi, tra l'altro, anche sulle convenzioni internazionali dell'Unione Europea e delle Nazioni Unite sottoscritte a tutela dell'ecosistema e delle specie marine.

(Unioneonline/v.l.)
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