Anche Fabio D'Amato, manager e stretto collaboratore di Chiara Ferragni, è indagato per truffa aggravata per i casi del pandoro e delle uova di Pasqua nell'inchiesta della Procura di Milano. Questo quanto risulta dal provvedimento del pg della Cassazione sulla competenza territoriale della Procura milanese ad indagare. 

Dopo che era stato sollevato il conflitto di competenza tra gli inquirenti milanesi e quelli di Cuneo, la Procura generale della Cassazione ha stabilito che dovrà essere la Procura del capoluogo lombardo a occuparsi del caso Ferragni-Balocco perché i contratti tra le società dell'influencer e l'azienda dolciaria piemontese, in relazione alla sponsorizzazione del pandoro “Pink Christmas”, sono stati siglati a Milano. 

Dalle carte emergono le prime considerazioni della Procura sul caso: il «profitto» delle presunte truffe contestate a Chiara Ferragni per i casi del pandoro Balocco, delle uova pasquali Dolci Preziosi e della bambola Trudi, è «consistito anche nel rafforzamento mediatico dell'immagine della influencer», perché l'imprenditrice ha guadagnato «dal crescente consenso ottenuto veicolando una rappresentazione di sé strettamente associata all'impegno personale nella charity», ossia nella beneficenza. 

Ci sono «indici esteriori, di tenore non equivoco» su una «unitaria programmazione, nell'ambito di un medesimo disegno criminoso» delle presunte truffe contestate a Chiara Ferragni, considerando la «unitarietà della spinta a delinquere», la «analogia del “modus operandi”» e il «lasso temporale» tra gli episodi. In tutti e tre i casi, scrive il pg della Cassazione nel suo provvedimento, Ferragni ha pubblicato sui social post, stories e «video fuorvianti» per i consumatori.

La «enfatizzazione della finalità benefica» nella campagna promozionale del pandoro Pink Christmas, «amplificata dai mezzi di comunicazione» usati, tra cui i social, ha indotto «in errore i consumatori», che hanno «ritenuto», attraverso l'acquisto del dolce a più di 9 euro a fronte di «circa 3,68 euro» di quello «tradizionale», di «contribuire alla finalità benefica», la «cui serietà era garantita anche dalla credibilità di una influencer da circa 30 milioni di follower».

 Il sostituto pg scrive anche che la Cassazione «ha di recente affermato che la sola menzogna è di per sé sufficiente ad integrare gli elementi costitutivi del delitto di truffa», essendo un forma tipica di «raggiro». Nel decreto il pg della Cassazione spiega anche che dall'analisi del materiale informatico, acquisito dalla Gdf, risulta che la «strategia di comunicazione» per la vendita di quel pandoro è «sempre stata condivisa tra i soggetti coinvolti nella vicenda». E «nelle intenzioni delle parti non sembra mai emergere la volontà di legare l'importo della liberalità alle vendite» del dolce.

(Unioneonline/D)

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