Era stato operato per un semplice alluce valgo. Ma, per una serie di errori medici, ha perso piede sinistro e gamba destra. 

Vittima un uomo di 77 anni, una vicenda per la quale tre strutture ospedaliere sono state condannate a risarcire lui e i suoi due figli, in misura diversa, da un giudice di Bologna. Che, sulla scorta di una consulenza tecnica d'ufficio, ha rilevato come l'operazione sia stata eseguita senza procedere ai «necessari e doverosi accertamenti angiologici» nella casa di cura Villa Erbosa (Bologna) «dove peraltro il paziente contraeva un'infezione non adeguatamente e tempestivamente curata dai sanitari».

L’uomo, secondo quanto ricostruito, soffriva di alcune patologie che non furono riscontrate e che avrebbero portato a una controindicazione dell'intervento il quale ebbe esiti disastrosi, unito a un'infezione contratta in sala operatoria.

Nel mirino anche l'Istituto Humanitas Mater Domini di Castellanza (Varese) a cui si contesta la tardiva individuazione del quadro settico e il tardivo ricovero dopo un accesso al pronto soccorso quando la situazione era già grave.

«L'evoluzione negativa delle condizioni del paziente in seguito registratasi, culminata dapprima con l'amputazione del piede sinistro e poi della gamba destra, trova dunque origine nelle condotte negligenti attuata dalle due strutture», scrive il giudice. In questa sequenza già in atto «si è innestato il contributo dell'allora Asst di Monza ospedale San Gerardo (ora Fondazione San Gerardo dei Tintori, ndr) che, omettendo di intervenire in modo tempestivo e adeguato, ha contribuito all'epilogo del decorso clinico con l'amputazione dell'altro arto».

Il 77enne era stato una prima volta dimesso con la prescrizione di un farmaco «sostanzialmente inutile» e le sue condizioni erano peggiorate. Con l'uomo, assistito dall'avvocato Giuseppe Badolato, sono stati risarciti anche i due figli, uno, in particolare, quello che l'ha assistito più da vicino, per il peggioramento delle sue condizioni di vita.

Il giudice sottolinea anche come gli ospedali chiamati in causa non si siano presentati al tentativo di mediazione «determinandone il fallimento, senza addurre alcun giustificato motivo che non può essere ravvisato nella ritenuta infondatezza della domanda» del paziente rimasto invalido che si è visto riconoscere un danno biologico permanente incrementato dalla sofferenza morale.

(Unioneonline/D)

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