«Ti prego, non lasciarmi qui a morire». 

La GoPro che Davide Piampiano portava sempre con sé ha ripreso gli ultimi istanti di vita del 24enne, morto in circostanze ancora da accertare nel corso di una battuta al cinghiale nelle campagne di Assisi. Quella piccola telecamera Piampiano l’aveva installata nel cappello: gli piaceva riprendere le sue battute di caccia per poi mettere le immagini sui social. 

E invece quell’11 gennaio ha immortalato una tragedia e un’ultima richiesta di aiuto. A sparare a Piampiano sarebbe stato Piero Fabbri, un 57enne che la vittima considerava un “secondo padre” e ora arrestato dai carabinieri per omicidio volontario con dolo eventuale.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti non si è trattato di un delitto programmato dall'inizio e per questo non è stato ipotizzato alcun movente. In base alle indagini Fabbri avrebbe infatti ritenuto di avere sparato verso un cinghiale il colpo di fucile calibro 12 che invece ha raggiunto il giovane al petto. Tanto che è stato proprio l'indagato il primo a raggiungerlo e a raccogliere la sua richiesta d'aiuto mentre si disperava per quanto accaduto.

Dopo la morte di Piampiano però  Fabbri avrebbe cercato di depistare le indagini alterando lo stato dei luoghi, scaricando l'arma del 24enne, disfacendosi del proprio fucile e della giacca da caccia e soprattutto «omettendo di chiamare tempestivamente» i soccorsi, avvisati dopo vari minuti da un altro giovane che si trovava a caccia e che nel frattempo era sopraggiunto. «Tale comportamento omissivo - hanno spiegato gli inquirenti, coordinati dal procuratore Raffaele Cantone - ha consentito di ipotizzare a carico dell'autore dello sparo l'ipotesi dolosa di omicidio, avendo egli, con la sua scelta di non chiamare immediatamente i soccorsi, accertato il rischio che il soggetto colpito potesse morire».

Bisogna ora chiarire la letalità del colpo che ha raggiunto Piampiano e se eventuali cure tempestive avrebbero potuto salvargli la vita. 

(Unioneonline/D)

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