È in programma per oggi l'udienza del processo a carico della famiglia Ciontoli per la morte di Marco Vannini, il 22enne ucciso la sera del 18 maggio scorso nella casa dei genitori della fidanzata, a Ladispoli (Roma).

Tutti i componenti della famiglia erano stati formalmente indagati per l'omicidio: oltre al padre della fidanzata, Antonio Ciontoli, erano stati iscritti nel registro degli indagati anche la moglie Maria e i figli Martina e Federico, con l'accusa - per ognuno di loro - di omicidio volontario.

Oggi i giudici sono chiamati a decidere se il ragazzo avrebbe potuto salvarsi dopo l'esplosione del colpo che l'ha ucciso. Se così fosse, verrebbe confermato il reato di omicidio volontario. Nel caso contrario verrebbe derubricato a omicidio colposo, ma solo per Antonio Ciontoli, in qualità di persona che ha effettivamente sparato, mentre per il resto della famiglia ci sarebbe solo il reato di omissione di soccorso (reato contestato anche alla fidanzata di Federico Ciontoli, in questo caso la condanna andrebbe da 1 a 3 anni di carcere).

In particolare, nella prima ipotesi la posizione del Ciontoli si aggraverebbe e rischierebbe anche l'ergastolo.

I FATTI - Secondo quanto raccontato dalle persone presenti nell'abitazione dei Ciontoli, Marco quella sera doveva dormire a casa della fidanzata e aveva anche avvisato la mamma.

Mentre era nella vasca da bagno - questa la versione del capofamiglia - Antonio Ciontoli è entrato per prendere una pistola, legalmente detenuta in quanto sottufficiale della Marina militare, e Marco gli avrebbe chiesto di mostrargliela.

In quel momento l'arma gli è scivolata di mano e per afferrarla Ciontoli avrebbe premuto inavvertitamente il grilletto.

I familiari hanno chiamato il 118 ma nel corso della telefonata la richiesta di soccorso era stata annullata. Poi, mezz'ora più tardi, una seconda chiamata, in cui si parlava di un giovane rimasto ferito dalla punta di un pettine e infine l'arrivo in ospedale, con Marco in fin di vita e la morte sopraggiunta poco dopo.
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