La Corte costituzionale "salva" la Legge Merlin, che nel 1958 abolì la regolamentazione della prostituzione e chiuse le case di tolleranza.

Con una nota la Consulta fa sapere di aver respinto al mittente le questioni di legittimità costituzionale che "sostenevano, in particolare, che la prostituzione è un'espressione della libertà sessuale tutelata dalla Costituzione e che, pertanto, punire chi svolge un'attività di intermediazione tra prostituta e cliente o di favoreggiamento della prostituzione equivarebbe a compromettere l'esercizio tanto della libertà sessuale quanto della libertà di iniziativa economica della prostituta, colpendo condotte di terzi non lesive di alcun bene giuridico".

La questione era stata sollevata dalla Corte d'appello di Bari nell'ambito del processo sulle escort presentate, tra il 2008 e il 2009, da Gianpaolo Tarantini all'allora premier Silvio Berlusconi.

L'eccezione di incostituzionalità sulla legge era stata avanzata dai difensori dell'imprenditore anche davanti ai giudici di primo grado, che però non l'avevano accolta.

"La Corte costituzionale - prosegue il documento - ha ritenuto che non è in contrasto con la Costituzione la scelta di politica criminale operata con la legge Merlin, quella cioè di configurare la prostituzione come un'attività in sé lecita ma al tempo stesso di punire tutte le condotte di terzi che la agevolino o la sfruttino. Inoltre, la Corte ha ritenuto che il reato di favoreggiamento della prostituzione non contrasta con il principio di determinatezza e tassatività della fattispecie penale".

In primo grado Tarantini è stato condannato a sette anni e dieci mesi.

(Unioneonline/F)
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