La piccola Fatima è caduta troppo in là, a tre metri e mezzo di distanza dalle ringhiere del ballatoio, al centro del cortile.

Dunque, l’ipotesi, non è “scivolata dalle mani” di Azhar Mossine, il 32enne marocchino in carcere per omicidio colposo che ha parlato di un tragico incidente mentre giocava a “vola vola” con la piccola.

La Procura contesta all’uomo il dolo eventuale, perché con il suo comportamento Mossine avrebbe accettato il rischio di mettere in pericolo la piccola. Ma i primi accertamenti tecnici legati all’autopsia riaprono la pista dell’omicidio volontario.

Dai primi accertamenti tecnici la bimba non è caduta verticalmente, ma ha eseguito una parabola prima di atterrare nel cortile. Se il lancio fosse avvenuto perpendicolare al terreno e poi Fatima gli fosse scivolata dalle mani, la bambina prima avrebbe sbattuto contro la tettoia del balcone e – prima di finire a terra – avrebbe anche urtato i 40 centimetri di pensilina che fuoriescono dal ballatoio sottostante. 

Tutti elementi che vanno accertati da una consulenza cinetica che la Procura potrebbe affidare a un ingegnere per calcolare la parabola del corpicino.

Il medico legale ha anche analizzato un video registrato da una telecamera di sorveglianza: ma l’occhio elettronico punta in basso e si vedono solo gli ultimi istanti della tragedia, dunque si tratta di un filmato poco importante per gli investigatori.

Più importante invece la versione di Lucia Chinelli, madre della piccola e compagna di Mohssine Azhar. Prima ha detto di non aver assistito alla scena, poi, riascoltata, ha detto tutt’altro: “Anche io ero di sopra con loro. Io e Mohssine avevamo litigato, lui era arrabbiato. L’ha sbattuta prima per terra, poi l’ha lanciata apposta di sotto”.

Entrambe le versioni contrastano con quella dell’arrestato: “Stavo giocando con lei, la lanciavo in aria e la riprendevo, poi mi è scivolata dalle mani. Le volevo bene, quella bambina per me era una figlia e non le avrei mai fatto del male”.

(Unioneonline/L)

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