Frammenti ossei nel fiume e gli abiti dello zio sequestrati lo scorso 6 novembre nel casolare a Novellara dove si presume sia stata uccisa la 18enne pachistana.

Con questi due elementi i Ris di Parma vogliono scrivere la parola fine - almeno a livello investigativo – sulla vicenda della ragazza uccisa dai parenti per essersi opposta a un matrimonio combinato in patria.

I carabinieri sono stati chiamati da una persona che ha trovato i resti di una calotta cranica in una zona golenale del fiume Po. Il luogo è di quelli che hanno subito fatto drizzare le antenne agli inquirenti: Laura Galli, pm titolare dell’inchiesta, lo ha subito collegato al racconto del fratellino minore di Saman, che ha riportato alcune parole origliate durante una riunione di famiglia: “Facciamola in mille pezzi, la buttiamo a Guastalla, dove c’è un fiume”.

Così è stato ordinato al Ris l’esame specialistico del frammeno osseo per estrarre il profilo biologico del Dna e capire se possa essere quello di Saman. Allo stesso tempo vanno analizzati, a caccia di tracce compatibili con la vittima, i vestiti sequestrati il 6 novembre scorso nel casolare dove lavoravano tutti i membri della famiglia Habbas a Novellara. Abiti appartenenti allo zio Danish Hasnain, ritenuto l’esecutore materiale del delitto che secondo chi indaga si sarebbe consumato la notte tra il 29 e il 30 aprile.

Un delitto pianificato perché Saman aveva rifiutato un matrimonio combinato con un cugino in patria, ma anche per essersi fidanzata con un connazionale inviso alla famiglia e per vivere in una maniera considerata troppo "all'occidentale" dai suoi familiari.

IL FRONTE GIUDIZIARIO – Si attende che la Francia conceda l'estradizione di Danish, arrestato a Parigi il 22 settembre scorso. Dopo due rinvii da parte della Chambre de l'Instruction di Parigi (una sorta di Corte d'Appello), la decisione è attesa per il prossimo 5 gennaio.

Consegnare l'uomo alle autorità italiane che vogliono interrogarlo al più presto potrebbe rappresentare una svolta dato che l'altro arrestato, Ikram Ijaz (cugino di Saman, catturato sempre in Francia, a Nimes, il 28 maggio scorso poi estradato in Italia il 9 giugno e in carcere a Reggio Emilia dove tuttora si trova) si è sempre detto estraneo alla vicenda senza mai fornire elementi utili alla magistratura.

Ancora latitante l'altro cugino Nomanhulaq Nomanhulaq così come sono ricercati i genitori, il padre Shabbar Abbas e la madre Nazia Shaheen, fuggiti in Pakistan con un volo da Malpensa (dove furono ripresi dalle telecamere) il primo maggio scorso, all'indomani del presunto delitto. Tutti e cinque gli indagati sono accusati, in concorso, di omicidio premeditato e aggravato dal legame familiare, sequestro di persona e occultamento di un cadavere ancora non ritrovato.

Bisogna attendere metà gennaio per i risultati delle analisi del Ris sui frammenti ossei.

(Unioneonline/L)

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