Fine vita, la Consulta: «La legge della Toscana non è illegittima»
Promozione con riserva: «Varie sue disposizioni violano competenze statali»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Non è incostituzionale nel suo impianto complessivo, ma viola le competenze dello Stato in più punti.
È questo il giudizio della Corte Costituzionale sulla legge della Regione Toscana sul fine vita e sul suicidio medicalmente assistito.
La Consulta ha stabilito che la normativa regionale, nel suo insieme, rientra nell’esercizio della potestà legislativa concorrente in materia di tutela della salute, con l’obiettivo di dettare regole organizzative e procedurali per garantire un’assistenza uniforme, da parte del servizio sanitario regionale, alle persone che chiedono di essere aiutate a morire.
Però, numerose disposizioni sono state giudicate illegittime perché invadono ambiti riservati alla legislazione statale.
In particolare, la Corte ha dichiarato incostituzionale l’articolo 2, che individuava direttamente i requisiti per l’accesso al suicidio medicalmente assistito richiamando le sentenze n. 242 del 2019 e n. 135 del 2024.
Secondo i giudici, la Regione non può intervenire su “delicati bilanciamenti” che attengono all’ordinamento civile e penale, né può agire in modo suppletivo rispetto al legislatore statale, appropriandosi dei principi fissati dalla stessa Corte.
Bocciati anche gli articoli 5 e 6, nella parte in cui fissavano termini stringenti per la verifica dei requisiti e per la definizione delle modalità di attuazione della procedura. Una disciplina che, secondo la Consulta, richiede uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale e non può essere frammentata da interventi regionali.
Incostituzionale infine l’articolo 7, comma 1, che impegnava le aziende sanitarie locali ad assicurare supporto tecnico, farmacologico e assistenza sanitaria per la preparazione all’autosomministrazione del farmaco. Anche in questo caso, la Corte ha ravvisato un’invasione delle competenze statali.
Nella motivazione, la Consulta chiarisce però che l’assenza di una legge nazionale organica sul fine vita non preclude alle Regioni di intervenire sul piano organizzativo e procedurale, poiché i principi fondamentali della materia sono già desumibili dalla legislazione vigente, letta alla luce delle precedenti sentenze costituzionali.
Soddisfatto intanto il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, che rivendica la legittimità dell’iniziativa regionale: «La Corte – afferma – riconosce i contenuti e il valore generale del nostro intervento su un tema su cui lo Stato è rimasto assente, nonostante l’invito della Consulta già nel 2019».
Per Giani, la pronuncia conferma «il diritto delle Regioni a legiferare» sul suicidio medicalmente assistito ed evidenzia la Toscana sia stata la prima a farlo, nonostante la richiesta del Governo di abrogare la legge.
(Unioneonline/Fr. Me.)
