"Condanno le leggi razziali del 1938, di cui ancora oggi sento tutto il peso sulle mie spalle e con me tutta la Real Casa di Savoia e dichiaro solennemente che non ci riconosciamo in ciò che fece Vittorio Emanuele III: una firma sofferta, dalla quale ci dissociamo fermamente, un documento inaccettabile, un'ombra indelebile per la mia famiglia, una ferita ancora aperta per l'Italia intera".

A pochi giorni dalla Giornata della Memoria del 27 gennaio, Emanuele Filiberto di Savoia chiede "solennemente e ufficialmente perdono" alla comunità ebraica per la firma di Vittorio Emanuele III, suo bisnonno, sulle leggi antisemite.

"Vi scrivo a cuore aperto una lettera certamente non facile, una lettera che può stupirvi e che forse non vi aspettavate", le parole dell'ultimo principe di casa Savoia, 49 anni, bisnipote del re d'Italia dal 1900 al 1946, che ritiene "giunto, una volta per tutte, il momento di fare i conti con la Storia e con il passato della famiglia che oggi sono qui a rappresentare, nel nome millenario di quella Casa Reale che ha contribuito in maniera determinante all'unità d'Italia, nome che orgogliosamente porto".

Un passo "doveroso - scrive nella lettera al centro dello speciale Tg5 'Parole dal Silenzio' - perché la memoria di quanto accaduto resti viva, perché il ricordo sia sempre presente".

Emanuele Filiberto auspica "che la Storia non si cancelli, che la Storia non si dimentichi e che la Storia abbia sempre la possibilità di raccontare quanto accaduto a tutti coloro che hanno fame e sete di verità. Le vittime dell'Olocausto non dovranno mai essere dimenticate e per questo motivo, ancor oggi, esse ci gridano il loro desiderio di essere giustamente ricordate".

In chiusura, la richiesta ai "fratelli ebrei" di "riannodare quei fili malauguratamente spezzati", come "primo passo" di un "rinnovato dialogo che - promette il principe - oggi desidero riprendere e seguire personalmente".

La macchia delle leggi razziali accompagna da sempre gli eredi Savoia, tra gaffe, prese di distanza, scuse indirette. Se nel 2002 Vittorio Emanuele definì "una macchia indelebile per la nostra famiglia" la firma sotto le persecuzioni degli ebrei, in un'altra occasione definì quelle leggi "non così terribili", per poi tornare ad apostrofarle come "un grave errore".

(Unioneonline/D)
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