Era il 13 gennaio del 2012, dieci anni fa esatti, quando la Costa Concordia, gioiello della flotta del gruppo crocieristico leader in Europa, naufragava all’Isola del Giglio causando la morte di 32 persone tra passeggeri e membri dell’equipaggio.

E oggi il senatore Gregorio De Falco, all'epoca del naufragio capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno, intervenendo ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus, parla ancora delle responsabilità nella terribile sciagura.

“A distanza di 10 anni ci si allontana dal dettaglio e si riesce ad avere una visione d’insieme della vicenda, anche cercando di trarre qualche lezione dall’accaduto – ha affermato De Falco – . Io ricordo alcuni momenti assolutamente violenti, quando ebbi la prima telefonata che aveva il tono dell’annuncio di un’emergenza drammatica. Salì immediatamente una forte preoccupazione che mi è stata confermata dalla sala operativa, dove si era compreso che c’era una vera e propria mistificazione da parte del comando di bordo. Le informazioni che ci arrivavano riguardavano semplicemente il blackout e non erano coerenti con le informazioni che ci erano giunte dalla telefonata di una parente di una passeggera. Capimmo facilmente che c’era qualcosa che non ci veniva detto, per questo insistemmo per farci dare il mayday. Facemmo quello che dovevamo fare, alla fine avevamo 8 elicotteri, 48 unità navali, nuclei subacquei, ma non c’era la dichiarazione di emergenza e soprattutto a bordo non era partita l’emergenza, le persone erano state ancora tenute in cabina. Alle 21.50 circa il comando di bordo acquisisce piena consapevolezza che la nave stava affondando, a quel punto doveva dichiararsi l’emergenza generale e invece trascorrono 50 minuti, questo ritardo ha comportato che la nave si inclinasse, 450 persone sono dovute tornare sul ponte 4 e poi sbarcare da poppa con la biscaglina”.

La telefonata famosa. “Il salga a bordo fu una cosa detta d’impatto, ma è la prima telefonata, quella più importante, in cui chiedo di dare il mayday. Da quel momento comincia effettivamente l’operazione di soccorso a bordo”.

"Il ‘torni a bordo’ – prosegue De Falco – era un’indicazione. La mancanza di autorità a bordo è qualcosa di inaudito, può mancare il comandante ma non il comando a bordo, ma l’autorità di terra non aveva alcun riferimento a bordo. Io ho fatto solo il mio lavoro, l’ho fatto come lo sapevo fare, nel migliore modo possibile. Da parte del comandante sono stati commessi errori molto gravi, perché hanno portato alla morte di 32 persone che avremmo potuto salvare anche dopo l’impatto”.

Poi, un affondo circa le condanne sul caso. “L’unico che affronta il processo è il comandante – aggiunge De Falco – gli altri, lungi dall’essere assolti, ammettono immediatamente le proprie colpe e subiscono le condanne. Il primo ufficiale, il terzo ufficiale, il comandante in seconda, la Costa Crociere sono stati tutti condannati. È vero che è entrato nelle patrie galere soltanto il comandante, ma è anche vero che le scelte scellerate sono state le sue, gli altri hanno avuto la colpa di non impedirle”.

Quanto agli “inchini” delle navi da crociera “la questione si ripropone. Finché la manovra viene compiuta in sicurezza, finché il comandante rimane nel controllo della propria nave non ci sono problemi. Il problema è quando il comandante compie un atto scellerato, che non ha a che fare con la ragione e la sicurezza della nave, a quel punto puoi mettere tutte le regole possibili ma non serviranno”.

LE CELEBRAZIONI – Nel decennale del disastro naufraghi e parenti delle vittime sono tornati al Giglio per partecipare alle commemorazioni. "Questa sarà l'ultima celebrazione pubblica perché non vogliamo dimenticare ma rispettare le vittime", ha avvertito il sindaco di Isola del Giglio Sergio Ortelli.

E’ stata deposta una corona di fiori in mare, davanti a punta Gabbianara, in ricordo dei 32 morti. A loro è stata dedicata anche la messa di suffragio celebrata dal vescovo di Grosseto padre Giovanni Roncari in una gremita chiesa dei Santi Lorenzo e Mamiliano a Giglio Porto, luogo che ospitò centinaia dei naufraghi tratti in salvo la notte del disastro.

In serata le commemorazioni con una fiaccolata. Poi, alle 21,45, orario in cui la Concordia finì sugli scogli, la “tufata”, seguita dalla preghiera per le vittime e dalla scopertura della lapide con la "Preghiera del navigante”, installata al molo di levante di Giglio Porto. 

(Unioneonline/v.l.-D)

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