"Mi hanno menato di brutto e mi hanno detto che mi avrebbero dato quarant'anni se non gli davo la password del mio telefono".

Lo ha detto Finnegan Elder Lee, il giovane americano accusato dell'omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega a Roma, parlando con il padre e il suo legale americano il 2 agosto scorso nel carcere di Regina Coeli.

"Mi hanno buttato a terra, mi hanno dato calci e pugni, mi sono saliti sopra e mi hanno sputato addosso", si legge nell'intercettazione.

In un'altra intercettazione l'americano parla anche di quanto avvenuto la sera del 26 luglio 2019, quella dell'omicidio del vicebrigadiere: "Vediamo due poliziotti che si avvicinano di nascosto da dietro e il tizio grosso mi placca, quello più piccolo raggiunge il mio amico. Non hanno mai mostrato nulla, non hanno mai detto nulla".

Ancora: "Noi eravamo rivolti verso l'altra direzione, si avvicinano di soppiatto, io mi giro e vedo questo tipo a un metro da me che mi placca. Siamo andati giù, lui mi è salito sopra e mi ha dato qualche pugno, poi ha iniziato a strangolarmi".

"Per questo - continua - ho tirato fuori il coltello. L'ho accoltellato tipo due volte nella pancia e quello non ha aiutato molto, restava sopra di me, quindi ho continuato a pugnalare e poi ha volta che mi ha lasciato il collo me lo sono buttato via di dosso e sono scappato".

L'intercettazione, tradotta dall'inglese, è stata oggetto di perizia su disposizione della Corte d'Assise dove si sta svolgendo il processo per l'omicidio di Mario Cerciello Rega.

(Unioneonline/L)
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