"Come fanno a vendere la pizza a 4-5 euro?". Stanno facendo discutere le parole di Flavio Briatore, che in un video sui social ha cercato di difendere la scelta di mettere in menù pizze al costo di (minimo) 15 euro nei ristoranti della sua catena Crazy Pizza.

Un prezzo – ha spiegato l’imprenditore – che si giustifica con i costi delle materie prime di qualità, oltre che per le tasse e il costo dei dipendenti.

Nel locale di Briatore la pizza più classica costa appunto 15 euro, la bufalina 25, la Pata Negra 65. "Ma per tenere i prezzi così bassi, che ingredienti usate?", dice Briatore nel video rivolto agli altri ristoratori. E aggiunge: "Cosa ci mettono dentro questi signori? Pagano stipendi, affitti, ingredienti, gas, luce, ammortamenti… o ne vendi 50mila o ci sta qualcosa sotto che non capisco".

Le reazioni alla politica di Crazy Pizza e al video di Briatore non si sono fatte attendere. Sui social in molti bollano il prezzo proposto dall’imprenditore come “esagerato”, mentre a Napoli sono le associazioni di categoria a prendere posizione per il partito della “margherita di qualità che può essere venduta anche prezzi contenuti”.

Sergio Miccú, presidente dell'Associazione Pizzaiuoli Napoletani, spiega: "Il problema non è a quanto si venda la pizza con l'astice blu ma a quanto sia giusto vendere una margherita o una marinara con ingredienti di qualità". 

"La pizza - sottolinea infatti Miccú - ha contribuito a sfamare intere generazioni superando le crisi più dure che la città ha vissuto. Dalla guerra al colera. Ma oggi si tratta di un piatto. Perciò quelle cosiddette da chef che diventano un'altra cosa possono anche vedere prezzi diversi, ma le classiche conservino anche il valore della tradizione”. Valore dato da ingredienti per la maggior parte “poveri”, almeno per quanto riguarda le pizze “base”, come la marinara e la margherita.

(Unioneonline/l.f.)

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