Nuovo colpo alla rete di fiancheggiatori che ha coperto la latitanza di Matteo Messina Denaro. I carabinieri del Ros hanno arrestato Antonino Luppino e Vincenzo Luppino, figli dell'imprenditore di Campobello di Mazara Giovanni Luppino, l'uomo che faceva da autista al capomafia e che con lui è finito in manette il 16 gennaio di un anno fa.

Sono accusati di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati.

Secondo l’accusa i Luppino avrebbero fornito al boss un «aiuto prezioso» per muoversi nel territorio in cui Messina Denaro ha vissuto. I due fratelli dal 2018 al 2022 hanno abitato a pochi metri dall’ultimo covo del padrino a Campobello di Mazara.

Ad Antonino Luppino era stato comunicato il numero di uno dei cellulari usati dal boss, Vincenzo Luppino sarebbe andato alla clinica La Maddalena, dove il ricercato era in cura per un cancro, quando questi venne operato, per provvedere ai suoi bisogni. E ancora Antonino Luppino, insieme al padre, avrebbe scortato Messina Denaro, dopo le dimissioni dalla casa di cura, l'11 maggio, fino a Campobello e insieme al fratello si sarebbe occupato delle riparazioni della auto, una Giulietta, con la quale il capomafia si spostava.

I tre avrebbero inoltre seguito i lavori di ristrutturazione del covo e il trasloco dei mobili del boss nell’ultimo nascondiglio.

Dalle indagini è inoltre emerso che il 29 dicembre 2022, pochi giorni prima dell’arresto, Messina Denaro è passato in auto sotto casa della ex compagna, madre di sua figlia, e delle sorelle Bice e Giovanna, a Castelvetrano. A seguirlo e scortarlo il furgone di Vincenzo Luppino, alla cui guida c’era il padre Giovanni.

Il boss transitava sotto casa dei suoi per rivedere i luoghi a lui cari e nella speranza, pensano gli investigatori, di riuscire a scorgere i familiari sia pure da lontano. 

Le telecamere del paese hanno immortalato il furgone che seguiva la Giulietta del latitante mentre passava alle 17,12 sotto casa di Franca Alagna, l'ex compagna, alle 17.15 sotto casa della sorella Giovanna e alle 17.17 sotto quella dell'altra sorella Bice. La scorta, scrive il gip, «assicurava una sorta di staffetta al latitante, «che doveva transitare su luoghi notoriamente oggetto di eccezionali controlli delle forze dell'ordine».

(Unioneonline/L)

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