Addio al grande imprenditore, leader politico, presidente del Consiglio, patron del Milan super-vincente. Ma, anche, all’uomo di potere più volte finito sotto processo, con molteplici accuse, dall’evasione fiscale ai legami con la mafia.

Nel bene e nel male, Silvio Berlusconi ha segnato un’intera epoca di storia italiana.

Una vita, quella del Cavaliere, sempre sotto i riflettori, mai privata, sempre pubblica, per sua stessa volontà o giocoforza. 

Classe 1936, nato il 29 settembre (stesso giorno di Andrij Shevchenko, uno dei tanti campioni che portò in rossonero), Berlusconi - formazione salesiana, laurea in Giurisprudenza, gavetta da venditore e da cantante - è diventato Berlusconi negli anni Settanta, quando, quasi quarantenne e rampante, si lanciò nel business delle costruzioni, edificando, alle porte di Milano, alcuni centri residenziali all’avanguardia, come Milano Due, ancora oggi considerato un “quartiere modello”.

Poi la “guerra di Segrate” con Carlo De Benedetti per la Mondadori e il tuffo, a capofitto, nelle emittenti private e la nascita di Fininvest e Mediaset, con cui rivoluzionò – anche in questo caso tra luci e ombre - il mondo dell’editoria, della televisione e della comunicazione, facendo spietata concorrenza alle regole dello Stato e allo Stato stesso.

Alla fine degli anni Ottanta, l’inizio dell’avventura alla presidenza del Milan, con grandi investimenti e altrettanto grandi vittorie, alcune ineguagliabili, in Italia e nel mondo.

L’anno fatidico è però il 1994, con la “discesa in campo” in politica, dopo Tangentopoli, per raccogliere i pezzi del moderatismo e del conservatorismo, forte della dissoluzione della Democrazia Cristiana e degli altri partiti satelliti, perché “l’Italia è il Paese che amo” e per “non lasciarla nelle mani dei comunisti”.

Dal famoso annuncio in tv, seduto davanti alla libreria della sua residenza con le foto dei figli, la storia politica del Cavaliere è nota, anzi arci-nota: quattro volte presidente del Consiglio (1994/1995- 2001/2005-2005/2006 e 2008/2011), alla testa della “sua” Forza Italia, per anni collettore e traino del centrodestra,  nonché paladino del “popolo delle libertà” e del liberismo. Ma, al tempo stesso, anche “nemico pubblico numero uno” per la sinistra (e non solo), per via delle leggi accusate di essere ad personam, i provvedimenti “liberticidi”, gli “editti bulgari”.

Note, anzi arci-note, sono anche le sue ripetute vicissitudini giudiziarie e tutto ciò che si sono portate appresso, anche fuori dalle aule dei tribunali: accuse e controaccuse, gli attacchi ai magistrati, le manifestazioni di piazza, dei detrattori e dei suoi sostenitori. Un uomo – anche – in grado per anni di spaccare il Paese, perché Berlusconi “o lo ami o lo odi”.  E qualcuno – Massimo Tartaglia – arrivò, fomentato da problemi psichici, a odiarlo al punto da lanciargli in faccia una statuetta del Duomo, a Milano, nel 2009.

Nel 2010 un’altra data fatidica: il deflagrare del caso Ruby, la “nipote di Mubarak” che tale non era, ultimo di una lunga serie di guai giudiziari (su Wikipedia esiste una voce specifica su Berlusconi e la Giustizia), che portò al divorzio dalla moglie Veronica Lario, allo scandalo delle feste nella sua Villa di Arcore, alle rivelazioni sugli intrattenimenti con le “olgettine” (da lui sempre definiti “cene eleganti”) e i successivi processi, giunti fino al ter (terminato lo scorso febbraio con l’assoluzione).

Un capitolo a parte della sua biografia dovrebbe essere dedicato (oltre che alle barzellette, puntualmente raccontate ad ogni comizio o adunata di popolo) ai palcoscenici internazionali, dove, tra politica, crisi e gaffe, il Cavaliere non ha mai mancato - come sempre, del resto, nella vita - di far parlare di sé: l’amicizia personale con Vladimir Putin e con George W. Bush, l’accordo tra Usa e Russia a Pratica di Mare sempre rivendicato come una medaglia, l’accoglienza (con polemiche) da pascià riservata a Gheddafi in visita a Roma, la bandana bianca sfoggiata in Sardegna mentre era in compagnia dell’ex premier Blair, il “cucù” ad Angela Merkel. E poi il “simpatico e abbronzato” Barack Obama, chiamando il quale, a voce troppo alta, durante un summit, fece irritare addirittura la regina Elisabetta e incontrando la moglie del quale si lasciò andare ad espressioni facciali fin troppo eloquenti, diventate, tra l’altro, la base per uno dei primi meme virali della storia dei social.

L’elenco dei “quando Berlusconi fece parlare di sé tutto il mondo” potrebbe essere infinito. E arriva, se proprio si vuole trovare un terminus ad quem, ai tempi recentissimi, con le dichiarazioni incendiarie su Volodymyr Zelensky, presentato quasi come il responsabile dell’aggressione russa in Ucraina. Ma del resto anche ora, nel momento più tragico, tutto il mondo sta parlando di Lui, con la L maiuscola, come riusciva a pronunciarlo solo il fido Emilio Fede (la battuta è di Paolo Rossi).

Interminabile potrebbe anche essere la lista dei siparietti, delle liti, degli scontri, televisivi e pubblici, che lo videro protagonista. Per ricordare i principali bastano semplici virgolettati, facilmente associabili da ogni cittadino italiano ad immagini, momenti, situazioni scolpite nella memoria di popolo: “Si contenga!”, “Che fai mi cacci?”, “Più bella che intelligente”, “Giuro sulla testa dei miei figli”, “Signor Schulz…” e chi più ne ha più ne metta.

In anni recenti in molti gli hanno consigliato di ritirarsi a vita privata. E in molti – avversari, ma anche alleati – hanno sperato che lo facesse. Che si dedicasse a tempo pieno a fare il nonno godendosi, lontano dai riflettori, i tanti nipoti che gli hanno regalato i suoi cinque figli. Che assaporasse i momenti d’amore con la (giovane) donna che gli è stata a fianco negli ultimi anni, Marta Fascina, magari nel suo “buen retiro” preferito, Villa Certosa, in Sardegna. Oppure che si concentrasse esclusivamente sul Monza, suo secondo amore calcistico, arrivato sotto la sua presidenza, alla prima storica avventura in Serie A.

Lui (alla Fede) ha scelto invece di restare sotto le luci della ribalta fino alla fine, anche con Forza Italia indebolita nelle urne, perché, ha rivendicato durante l’ennesima, e sua ultima, campagna elettorale per le regionali in Lombardia: “Siamo orgogliosi di rappresentare il centro liberale, il centro cattolico, il centro garantista, il centro europeista e atlantico, siamo orgogliosi di rappresentare in Italia il Partito popolare europeo, la più grande famiglia politica d'Europa, i moderati d'Europa alternativi alla sinistra”.

Ora il centrodestra è rimasto orfano del suo Cavaliere e l’Italia di un personaggio, comunque e nonostante tutto, eccezionale. Eccezionale nell’accezione di “colui che deroga alle norme”.  Quelle norme che Berlusconi ha sempre cercato di cambiare, rivoluzionare, piegare, anche a suo vantaggio.

Di sicuro, un figura controversa, croce per molti, delizia per altrettanti. Semplicemente: lo specchio delle contraddizioni dell’Italia degli ultimi decenni.

Disse di lui Roberto Gervaso: »Milanese, laureato in legge, cavaliere del lavoro, Silvio Berlusconi è un self-made man, e del self-made man ha le astuzie, le ubbìe, gli slanci, le diffidenze. Non è partito dall'ago, ma quasi. Causier icastico e sanguigno, è un lottatore nato, a suo agio in qualunque lizza. Certo, è uno che non si ferma mai, e mai fa fermare chi ha la ventura – o la sventura – di stargli accanto. Dove voglia arrivare lo ignoro. E, forse lo ignora anche lui». 

Luigi Barnaba Frigoli

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