Concretezza, o solamente facile entusiasmo rispetto a risultati attesi ma rimasti in uno stato di potenza? Più precisamente: rispetto alla questione migratoria cosa si è deciso a Lussemburgo nei giorni scorsi? L’Italia, al cospetto dei Ministri degli Interni dei vari Paesi membri, ha finalmente “svoltato”, oppure si è trattato di una pura e semplice manifestazione di intenti che, per quanto apprezzabile nel tentativo, nulla ha cambiato rispetto al momento contingente? Quale è il contenuto sostanziale dell’accordo che si sarebbe raggiunto in quella sede? Il Trattato di Dublino è stato modificato, si sono forse assunti provvedimenti cogenti in deroga, oppure si sono elaborate “postille” ad integrazione?

Stando a quanto è stato possibile apprendere dai “media” maggiormente accreditati, e fatta eccezione per Ungheria e Polonia, espressive di un voto contrario, e Malta, Slovacchia, Lituania e Bulgaria, astenutesi, i restanti Ministri degli Interni dell’Unione Europea avrebbero raggiunto un accordo sul nuovo “Patto sulla Migrazione”, consistente, parrebbe, in una complessa architettura di provvedimenti che avrebbero la pretesa di riformare tanto il cosiddetto diritto di asilo, quanto la gestione del fenomeno.

Non pare essere dato sapere se quell’accordo sia stato suggellato per iscritto, o se, invece, come parrebbe, si sia trattato di uno scambio verbale la cui forza andrà a rinvenire (se la rinverrà) la propria operatività cogente nel prossimo futuro.

Anche a voler prescindere dalle perplessità segnalate, sembrerebbe imporsi, invero, una sensazione di fondo: le differenti spinte esercitate dal susseguirsi di situazioni emergenziali diversificate, molteplici nel loro estrinsecarsi, e pressanti nel loro incalzare, sembrerebbero favorire l’esercizio di un governo, quale appunto quello attuale a guida Meloni che, proprio sulla base dell’urgenza e della necessità (che non pare essere quella migratoria, quanto piuttosto quella incentrata sulla crisi economica imperante), tenderebbe al proprio rafforzamento sulla falsa riga di una impostazione pseudo liberista improntata sul bisogno, se reale occorrerà attendere per accertarlo, di tutelare la sicurezza delle popolazioni coinvolte dal processo di trasformazione, oltre che il loro sviluppo. Il punto sembrerebbe porsi tuttavia, ed inoltre, su un altro aspetto, ossia sulla effettiva novità di siffatto accordo raggiunto a Lussemburgo.

Intanto, perché, già nell’anno 2020, e precisamente nel mese di settembre 2020, la Commissione si era premurata di pubblicare il suo nuovo patto, che, negli intenti, mirava a integrare la procedura di asilo nella gestione globale della migrazione, collegandola allo screening preliminare e al rimpatrio, ed includendo nel contempo la gestione delle frontiere esterne, sotto la spinta di una maggiore lungimiranza politica, preparazione programmatica e risposta concordata alle crisi da realizzarsi attraverso un meccanismo di solidarietà e relazioni esterne con i principali paesi terzi di origine e di transito. Quindi, perché, anche a voler prescindere dall’attuale azione di governo, il bisogno di garantire una politica migratoria europea lungimirante e globale, fondata sulla solidarietà, ha costantemente rappresentato un obiettivo di primaria importanza per l'Unione europea siccome le politiche in materia di immigrazione puntano, verosimilmente, a stabilire un contegno istituzionale bilanciato utile a porre in essere, attuandoli, i meccanismi per la regolamentazione dell'immigrazione sia regolare che irregolare. Infine, perché, sempre a prescindere dall’iniziativa italiana, l'Unione Europea ha già competenza per stipulare accordi con paesi terzi ai fini della riammissione nel paese di origine o di provenienza di cittadini di paesi terzi che non soddisfino o non soddisfino più, le condizioni di ingresso, presenza o soggiorno in uno degli Stati membri.

Detto altrimenti: il problema non è quello di definire strategie di intervento, che già esistono, quanto piuttosto quello di garantirne la piena attuazione. Tanto più allorquando, la corretta gestione dei flussi migratori comporterebbe, e non bisogna dimenticarlo, non solo la garanzia di un trattamento equo dei cittadini di paesi terzi che si trovino a soggiornare legalmente negli Stati membri, ma anche il rafforzamento delle misure complementari finalizzate a contrastare l'irregolarità, oltre che la promozione di politiche di maggiore cooperazione con i paesi terzi in ogni settore della vita. E ancor di più, allorquando, quanto meno su un piano di intenti, la stessa Unione Europea abbia l’interesse, o lo manifesti concretamente, a sviluppare, all’interno dei singoli Stati Membri, quindi anche della nostra Italia, un livello uniforme di diritti e doveri per tutti quegli immigrati regolari che vi insistano, che sia in tutto e per tutto paragonabile a quello dei cittadini Europei, visto e considerato che, in forza del Trattato di Lisbona, troppo spesso dimenticato, tutte le politiche in materia di immigrazione, dovrebbero, come di fatto devono, essere governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario tale essendo il disposto dell’articolo 80 TFUE. Sicché l’iniziativa del Governo, parrebbe inserirsi all’interno di un disciplinare di programma di intenti già in essere nel contesto istituzionale europeo.

Si tratterebbe solo ed unicamente di capire se gli intenti passeranno da uno stato di potenza a quello concreto di atto perché ad oggi, sul piano normativo, nulla pare essere mutato, con tutto ciò che ne consegue in merito alla redistribuzione in tutto il territorio dell’Unione, di quanti si trovassero ad approdare nelle coste italiane, le quali, continuano allo stato a rappresentare il luogo di primo approdo. Intendiamoci: non è certo amplificando la percezione dell’emergenzialità e della precarietà come fattore incontrastabile di trasformazione che si può pretendere di accrescere la propria forza interna e di conservare, se ancora esista, l’attuale assetto di potere cosiddetto occidentale  a livello globale, perché non sulle popolazioni sarebbe necessario incentrare le proprie politiche di intervento, quanto piuttosto sul garantire l’unità e la stabilità sul piano statale sovranazionale per essere la condizione delle prime diretta ed immediata conseguenza dell’equilibrio e del corretto esercizio delle seconde. E anche il ritenere di poter risolvere il problema migratorio attraverso la leale cooperazione con i Paesi Terzi, appare considerazione quanto mai illusoria, e di sicuro poco incentrata sulla considerazione delle criticità esistenti anche solo sul piano dei rapporti e delle relazioni di quegli stessi Terzi con il contesto circostante.

Soprattutto laddove ci si soffermi a riflettere su una circostanza: da sempre la più che difficile cooperazione con i paesi d’origine ha contribuito negli anni, e contribuisce tutt’oggi, al ridotto numero di rimpatri di migranti irregolari eseguiti dall’UE. Gli effetti dei negoziati con i paesi terzi non sono stati utili proprio perché non si è riusciti a porre in essere, ed evidentemente per mancanza di accordo interno, le sinergie con gli Stati membri e fra le varie politiche dell’Unione.

Di certo non si può sostenere che le azioni intraprese dalle istituzioni europee per facilitare la cooperazione in materia di riammissione non siano state pertinenti e mirate, ma di fatto gli esiti sono stati costantemente disomogenei. Il che significa che ancora una volta, mutatis mutandis, il risultato dell’iniziativa dell’attuale governo Meloni non potrà discostarsi dal trend di riferimento, rimanendo allo stato di esercizio di attivismo politico destinato, con buona verosimiglianza a restare tale laddove non introduca elementi di novità tali da invertire la rotta.

Non si può pensare di rimettere, finanziandolo economicamente, ad un Paese Terzo, senza alcuna garanzia di efficacia, l’interesse tutto europeo al controllo funzionale dei flussi.

Gli sviluppi futuri offriranno la risposta sull’efficienza dell’attuale iniziativa, mentre nel frattempo gli arrivi, con ogni probabilità persisteranno e occorrerà approntare ogni mezzo utile a garantire la migliore accoglienza ed il migliore soccorso nel pieno rispetto dei diritti umani e delle Convenzioni vigenti.

Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro

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