L'appuntamento era fissato in tarda mattinata davanti al piazzale dello stabilimento della Rwm di Domusnovas, in località Matt'e Conti: circa 150 tra pacifisti ed ambientalisti (per lo più arrivati dall'Iglesiente e dal Cagliaritano) si sono radunati per urlare forte il loro sostegno alla causa della Palestina e contestare al contempo l'attività stessa e il presunto supporto che la fabbrica bellica domusnovese starebbe fornendo all'esercito israeliano.

Non a caso il titolo della manifestazione - indetta dal “Comitato di solidarietà con la Palestina” e alla quale hanno aderito varie sigle della galassia pacifista ed ambientalista – era “Per la Palestina, stop alle fabbriche di morte in Sardegna”.

Una delle tante manifestazioni promosse oggi a livello internazionale in quello che è il novantanovesimo giorno della guerra nella Striscia di Gaza che lo Stato di Isreale ha fatto scattare in risposta al terribile eccidio del 7 ottobre nei Kibbutz israeliani operato dai miliziani di Hamas. 

Toni decisi scanditi al microfono ma nel complesso si è registrata una protesta educata. Poche, rispetto alle proteste davanti alla fabbrica del recente passato, anche le forze dell'ordine presenti a presidiare lo stabilimento (almeno quelle visibili).

Come ha detto alla vigilia Mariella Setzu dei Cobas scuola (una delle organizzatrici), l'iniziativa promossa oggi punta a chiedere «l'immediata fine dell'aggressione israeliana nella Striscia di Gaza e l'interruzione delle forniture belliche ad Israele da parte della Rwm».

Prima di prendere in mano il microfono per il proprio intervento Ismail Fawzi, presidente dell'associazione Amicizia Sardegna Palestina, bolla di «genocidio» la reazione israeliana: «A Gaza già si contano - ha detto - 100mila tra vittime e feriti e sono 10.700 i bambini palestinesi trucidati. Mancano acqua e medicine e c'è una carestia indicibile: non possiamo parlare che di un genocidio che deve fermarsi subito, così deve essere bloccato il supporto bellico che la Rwm fornisce ad Israele tramite i propri droni militari».

Ennio Cabiddu, storico pacifista e ora attivista di Disarmisti Esigenti, torna alla sentenza del 21 dicembre con la quale sono stati assolti i 9 imputati nel processo penale sugli ampliamenti irregolari dell'impianto bellico domusnovese: «Sentenza scandalosa, la guerra comincia proprio dove si fabbricano le armi. La Rwm deve cessare la produzione bellica e riconvertirsi per restare in questo territorio».

Durante la manifestazione una suonatrice d'arpa ha accompagnato il succedersi degli interventi. Non sono mancati vessilli, cartelli e striscioni ma a dominare sono state per lo più le bandiere dello Stato palestinese e qualcuna di Sardigna Natzione.

Una di queste è in mano a Bustianu Cumpostu, habitué delle proteste anti-Rwm. «Non sono a favore della lotta armata ma ritengo che non possiamo nemmeno sindacare sulla forma di reazione messa in atto da chi viene martoriato nel proprio Paese da tutta la vita». Impossibile strappargli anche una minima condanna sull'eccidio compiuto da Hamas il 7 ottobre: «Guardiamo ai fatti, siamo qui da indipendentisti a contestare una fabbrica che supporta la dominazione italiana sul territorio sardo. Rwm se ne deve andare».

Tra i tanti volti noti c'è anche quello di Giulia Moi, ex europarlamentare europea (da tempo ha rotto i ponti con i cinquestelle) e ora attivista del movimento politico Sardegna Sostenibile: «Mi pare che qui non sia cambiato nulla in tanti anni di legittime proteste. Anni fa sono mi sono recata più volte all'Onu per dare voce alla causa della riconversione della fabbrica bellica ma le cose non sono per nulla cambiate. Occorre uno sforzo collettivo per imporre uno sviluppo sostenibile del nostro territorio basato su ambiente e salute».

Nelle retrovie c'è anche Arnaldo Scarpa, portavoce (insieme a Cinzia Guaita) del Comitato Riconversione Rwm: «Qui - dice - a titolo personale perché non si può restare impassibili davanti a massacri ed azioni disumane che tormentano le coscienze. Come Comitato di riconversione consideriamo esecrabili tutte le azioni di guerra compreso l'attacco di cui si è reso protagonista Hamas. Quello che stiamo però vedendo in questi giorni è particolarmente disgustoso».

Intorno alle 13 cartelli e bandiere sono stati riposti e la manifestazione si è sciolta ordinatamente così come era iniziata.      

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