No all’enonomia di guerra per rianimare il Sulcis in crisi. È netta la posizione della Cgil contro le direttrici che il governo sembra voler seguire per affrontare il collasso, ormai cronico, delle atticità produttive del territorio.  

«Il futuro dell’industria nel Sulcis non può essere affidato alle produzioni per le attività militari svolte dalla Rwm. Lo diciamo perché questo appare essere lo scenario che propone il ministro Urso dopo i vari confronti avvenuti a livello governativo tra settembre e ottobre in riferimento alla situazione di Eurallumina, Sider Alloys, Portovesme Srl e indotto Sulcis»: queste le parole del segretario della Cgil Sardegna Fausto Durante.

Economia di guerra

Per quelle aziende in crisi «al momento il governo non avanza proposte concrete sul piano industriale ma indica solo una pericolosa scorciatoia: affidare la prospettiva economica del Sulcis all’economia di guerra e all’aumento di produzioni belliche. Una scelta che consideriamo sbagliata e non condivisibile, contro la quale ci batteremo. A maggior ragione di fronte alle notizie riguardanti i progetti di produrre a Domusnovas i cosiddetti droni kamikaze con la collaborazione di società israeliane, idea del tutto inaccettabile».

Industrie in crisi 

Per Eurallumina, si legge in una nota del sindacato, è aperto il tema del congelamento dei beni dell’azienda Rusal, proprietaria del sito e sottoposta a sanzioni in relazione alla guerra che la Russia ha scatenato contro l’Ucraina. Sanzioni che altri paesi europei non applicano più nei confronti della medesima azienda e che invece in Italia permangono. La Sider Alloys è subentrata ad Alcoa ormai più di sette anni fa ma in tutto questo tempo non ha mai riavviato gli impianti e ha provocato una lenta agonia nella condizione di macchinari e strutture dello stabilimento, oltre che una situazione di permanente precarietà e incertezza rispetto alle prospettive della forza lavoro. Quanto a Portovesme Srl, dopo la decisione aziendale di rinunciare alle produzioni di piombo e zinco, «il ministro Urso - nonostante i roboanti annunci fatti in assemblea con i lavoratori sul carattere strategico di quelle produzioni e sulla certezza che il governo avrebbe garantito nel futuro la produzione di piombo e zinco a Portovesme con o senza la Glencore - ha alzato bandiera bianca e ha concluso che non ci sono nuovi potenziali investitori e che a quelle produzioni la Sardegna deve rinunciare perché l’energia elettrica costa troppo e il governo non avrebbe strumenti per intervenire».

Tutti in Rwm

In realtà, afferma Durante, «il governo potrebbe e dovrebbe intervenire, se solo volesse. Invece, di fronte a questo disastro il ministro Urso ha proposto una diversa soluzione: i lavoratori in esubero delle aziende del Sulcis vadano a lavorare per la Rwm, che vorrebbe ampliare le sue attuali attività nel campo della produzione di ordigni esplosivi e materiali per l’industria militare».

Il no della Cgil

È uno scenario che la Cgil non intende accettare, per almeno due motivi. Il primo motivo è che «sarebbe insensato rinunciare alle tradizionali produzioni di metalli non ferrosi del polo industriale del Sulcis. La maggior parte degli studi e delle ricerche sulla transizione dell’industria verso la sostenibilità dicono che i primi cinque materiali per realizzare questa transizione sono il rame, il piombo, lo zinco, l’alluminio e il litio. E si possono lavorare in Sardegna» a patto che il governo «induca l’Enel a fornire all’Isola energia elettrica a prezzi competitivi e adatti alla condizione di insularità». 

Il secondo motivo è legato alle peculiarità delle attività della Rwm, che in Sardegna produce bombe: «Chi lavora alle sue dipendenze», sottolinea Durante, «ha diritto al rispetto e alla considerazione che meritano quanti fanno onestamente e con coscienza il proprio dovere di lavoratori dipendenti. Nessuno di quei lavoratori ha scelto volontariamente di produrre ordigni per causare la morte di altre persone. Ognuno di quei lavoratori  svolge la sua attività in una azienda di produzioni di materiale bellico ha diritto ad una rappresentanza sindacale».

Obiettivo riconversione 

Ai dirigenti dell’azienda e alla Regione Sardegna, però, conclude Fausto Durante, «vorremmo dare un messaggio: secondo la Cgil, in una regione che da sola si fa carico di due terzi delle servitù militari di tutto il paese e che si dichiara giustamente terra di pace e di sviluppo economico etico e solidale, la Rwm dovrebbe dichiararsi disponibile a una diversificazione delle proprie attività proponendo anche nuove produzioni con applicazioni e usi civili, utili per l’insieme della società. Inoltre l’azienda dovrebbe dare corso alla stabilizzazione della propria forza lavoro, lasciandosi definitivamente alle spalle la stagione delle prestazioni lavorative affidate alle agenzie di lavoro interinale».

(Unioneonline)

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