È la prima domenica dell'estate ufficiale, della bella stagione. Un po' incerta, ma lo è, e l'industria delle spiagge si prepara a incassare il più possibile.

Nel Sud Sardegna, particolarmente nei litorali verso Villasimius, Costa Rei e Pula, ci si prepara a una stagione con i fiocchi ma con regole diverse: quel che i concessionari possono fare su alcuni litorali in altri è negato, e la colpa è dei Comuni di tutta l'Isola che in 14 anni non si sono dotati dello strumento urbanistico: il Pul.

«Si paga tanto e non sempre i servizi sono all'altezza», si arrabbia Giorgio Vargiu, presidente regionale di Adiconsum, associazione di difesa dei consumatori: «Gli stabilimenti ci salassano dopo aver occupato i pezzi più pregiati, non c'è equilibrio fra tratti in concessione, i migliori, e quelli liberi, vicini a foci di fiumi o a porti. A forza di proroghe malgrado la direttiva Bolkestein prevedesse che le spiagge tornassero a bando, di fatto abbiamo spiagge private e questo non si può fare».

A sentire gli imprenditori che mettono a reddito le spiagge sarde la vita non è facile neanche per loro. Tant'è vero che spesso i servizi sono carenti, a volte scadenti, malgrado si paghino ombrellone e lettini.

E mentre i gestori rivendicano che nelle concessioni si spendano tra i 25 e i 50 euro al giorno per ombrellone e due lettini, e che nella Penisola si arriva a 120 in litorali meno pregiati, Adicosum parla di «aumento esponenziale delle tariffe per concessioni scadute senza possibilità di proroga nel 2023, che si dovrebbero restituire». Il presidente Vargiu ricorda che le concessioni devono servire un interesse pubblico, «invece si persegue solo quello privato e a caro prezzo, senza che si migliori il servizio. Le spiagge sono di fatto proprietà private, quelle a numero chiuso ancor di più: si paga per non avere nulla in cambio. Stesso discorso per i parcheggi: i Comuni fanno soldi senza custodire le auto».

Luigi Almiento

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