Se non fosse tutto scritto e documentato ci sarebbe da pensare ad uno scherzo. Invece, è tutto scandalosamente vero. Nel compluvio naturale del Marganai, alle pendici del monte che sovrasta la piana del Cixerri, l’acqua scorre sotto traccia, scompare e ricompare, in quel gioco carsico-superficiale che da sempre caratterizza quest’enclave di ruscelli e fiumi, sorgenti copiose e cascate irruenti.

"Pentagono” tedesco

Si sa, il dominio mondiale delle industrie belliche è capace di tutto, ma qui, in questo “pentagono” tedesco in terra di Sardegna, non conoscono limiti. In tutti i modi hanno cercato di far passare sottotraccia un ampliamento ciclopico di una catena di montaggio che produce bombe senza ritegno, da esportare di qua e di là, a foraggiare eserciti di mezzo mondo e guerre senza confine. I Tribunali amministrativi, però, non gliene fanno passare una, compreso il Consiglio di Stato che ha sentenziato senza appello: in assenza della Valutazione d’Impatto Ambientale non potete muovere nemmeno un chiodo. Peccato che loro, i tedeschi della Rwm, abbiano sbancato, costruito e imperversato a colpi di autorizzazioni comunali senza mai passare dalla procedura obbligatoria per impianti di quella portata e pericolosità, sia per l’ambiente, per i lavoratori che per la popolazione circostante.

Maledizioni & coriandoli

Quella valutazione ambientale l’hanno schivata a piene mani, temuta come una maledizione, come se dentro quella fabbrica si dispensassero solo benedizioni e coriandoli. Ora, però, i signori della Rwm vogliono tentare l’impossibile: sanare ad ogni costo quella “città delle bombe” che hanno costruito sventrando un pezzo di montagna, invadendo corsi d’acqua, modificando l’intero assetto orografico della zona. In gioco c’è quello che per loro è un danno latente che si sta già consumando da tempo: quella parte costruita tra il 2016 e il 2021 non la possono nemmeno sfiorare, vietato utilizzarla, nemmeno se sbattono i piedi per terra. Il Tar Sardegna, la scorsa settimana, glielo ha ribadito senza mezzi termini. L’ultimo disperato tentativo per evitare che le ruspe debbano ripristinare l’intera area è la procedura più complessa: una Valutazione d’Impatto Ambientale postuma, a opere già realizzate.

Vietato chiudere gli occhi

Un iter dove nessuno può chiudere occhi o restare in silenzio. Loro, i tedeschi in terra di Sulcis, lo sanno bene. Per questo motivo non riuscendo a smontare le sentenze, tentano di far sparire fiumi e corsi d’acqua, con tanto di proposte di modifica del sistema idrografico depositate nei comuni e non solo. Tecnicamente le carte parlano di «variazione parziale del reticolo idrografico e sua riclassificazione», in sostanza si tratta di un’operazione da prestigiatori dell’acqua, con quegli alvei dei fiumi che vengono cancellati dalle carte senza colpo ferire, come se quei corsi d’acqua non fossero mai esistiti.

Rwm, cancella fiumi

La proposta di “sbianchettare” quei percorsi idrici l’ha avanzata direttamente la Rwm Italia S.p.A., la succursale italiana della tedesca Rheinmetall, la più imponente produttrice di bombe a livello europeo. Destinatari di quella “richiesta di sparizione dei corsi d’acqua” sono il Comune di Iglesias, per via dell’isola amministrativa dislocata in quelle aree, e quello di Domusnovas. Una proposta che era apparsa immediatamente irricevibile, fuori da ogni possibile legittimità visti i precedenti dei Giudici amministrativi. I Consigli comunali, però, non senza qualche contrasto, hanno dato il via libera a quella richiesta della “potente” Rwm, decidendo di inviare con il proprio assenso quella proposta di sparizione dei corsi d’acqua all’Agenzia Regionale del Distretto idrografico della Sardegna, una sorta di Tribunale dell’acqua, in teoria il tutore del sistema di fiumi e corsi d’acqua dell’Isola.

Area ad alto rischio

È lì, in quelle stanze regionali, che nelle ultime ore è arrivato un atto pesante come un macigno. Più che osservazioni, è un vero e proprio esposto dirompente carico di dati tecnici e, soprattutto, un’accusa pesantissima: lo stabilimento classificato «ad alto rischio» della Rwm e il suo ampliamento sono stati realizzati in un’area per buona parte classificata «zona Hi4», ovvero «area a Rischio Idraulico molto elevato (livello Ri4), dove sono possibili perdite di vite umane e lesioni gravi alle persone».

Atto d’accusa

Un atto d’accusa senza precedenti che svela fatti e misfatti di una vicenda per molti versi ancora tutta da chiarire. A firmarlo sono Graziano Bullegas, Segretario Italia Nostra Sardegna, Rosalba Meloni per il Cagliari Social Forum, Arnaldo Scarpa in rappresentanza del Comitato Riconversione RWM, Salvatore Drago per Unione Sindacale di Base – Sardegna, Marco Mameli dell’Assotziu Consumadoris Sardigna, Giacomo Meloni per la Confederazione Sindacale Sarda e Mariella Setzu dei Cobas Cagliari. A supportare un documento tanto circostanziato quanto disarmante è una pattuglia di tecnici, consulenti e docenti di primo livello: Salvatore Carboni, Massimo Coraddu, Leonardo Marotta e Flavia Sicuriello.

Sparizione sotto attacco

Il documento delle associazioni smonta pezzo per pezzo le relazioni dei tecnici della Rwm e di quelli incaricati dai Comuni che avevano affermato che quei corsi d’acqua che attraversano la Rwm possono essere eliminati perché “non significativi”. Un’affermazione che i tecnici dei comitati devastano con un’affermazione che meriterebbe ben altro approfondimento anche in altra sede: «la richiesta è stata formulata sulla base di informazioni incomplete e di una descrizione dell’area interessata notevolmente diversa dalla situazione reale, che risulta assai difforme e molto più critica di quanto rappresentato».

Rischio incidente grave

Quel che è appare più grave è che l’analisi dei tecnici comunali e di quelli della Rwm ha omesso che «Tale stabilimento risulta classificato come a rischio di incidente rilevante di soglia superiore, relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose (Direttiva Seveso III). La presenza di un tale impianto produttivo appare di particolare rilevanza nel caso in esame, dato che accresce notevolmente i potenziali rischi legati all’assetto idrogeologico». Tuttavia, è scritto nell’esposto, questo elemento fondamentale «non è mai menzionato». C’è di peggio nel documento d’opposizione: «ci si accorge immediatamente che le planimetrie degli allegati 2 e 3, utilizzate per determinare il corso e il bacino imbrifero dei corsi d’acqua esaminati non corrispondono assolutamente alla situazione reale, visibile nell’immagine satellitare contenuta nella Relazione medesima».

Era tutto vietato

Scrivono i rappresentanti delle associazioni: «L’imponente attività edilizia svolta all’interno dello stabilimento Rwm di Domusnovas-Iglesias, in piena area Hi4, appare sconcertante, dato che le norme di attuazione del Piano di Assetto Idrogeologico la vietano espressamente». Nel regolamento c’è scritto: "Nelle aree di pericolosità idraulica molto elevata resta comunque sempre vietato realizzare: nuovi stabilimenti o ampliamenti di stabilimenti soggetti agli obblighi della “Attuazione della direttiva relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose”».

Abuso non sanabile

Il tentativo di far “sparire” i fiumi e i corsi d’acqua è legato ad un aspetto della vicenda non di poco conto: «Tale imponente edificazione non poteva essere evidentemente autorizzata in un’area Hi4 a rischio idrogeologico molto elevato, e dunque, ai sensi di quanto stabilito dalle norme vigenti si dovrebbe configurare addirittura come un abuso non sanabile». È questa la partita in ballo: secondo le associazioni e i comitati, con tanto di relazioni tecniche, quello sventramento di quell’area, si parla di scavi per «non meno di 130.000 metri cubi di terre e rocce», non poteva essere fatto. Nella relazione dei tecnici c’è, infine, un’affermazione pesantissima: immagini satellitari e rappresentazione del bacino imbrifero dei corsi d’acqua non corrispondono assolutamente alla situazione reale. La domanda è pesante: chi e perché ha fatto sparire i corsi d’acqua nella fabbrica delle bombe?

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