Solinas si ricandida: «Lo stadio si farà ma servono anche l’ospedale e una norma urbanistica chiara»
Il governatore auspica uno scatto di fine mandato sui temi della riforma sanitaria e degli Enti locali: «Ma dal 28 al 30 aprile festeggiamo Sa Die, simbolo di rinascita della Sardegna»Ha definito Sa Die de Sa Sardigna, che per tre giorni, dal 28 al 30 aprile, terrà alta la bandiera dell’Isola, come l’occasione per una rinascita della Sardegna. Ma Christian Solinas ha annunciato la sua ricandidatura a presidente della Regione, dopo aver parlato dei temi di fine mandato e della questione stadio.
Governatore Solinas, quindi si ricandiderà alle Regionali ormai imminenti: con quali presupposti?
«Credo che la legislatura in chiusura tra dodici mesi abbia avuto una parentesi di due anni e mezzo dovuta ad una pandemia che ha modificato le agende politiche non solo della Regione sarda, ma di tutti i governi del Mondo. Meritiamo quindi, come formula politica, di poter portare a compimento le tante riforme avviate e i risultati raggiunti, a partire dalla Riforma sanitaria, per arrivare alla Riforma degli Enti locali, al risanamento del bilancio, agli investimenti in infrastrutture.
Ci possiamo ripresentare ai sardi con una serie di risultati raggiunti e una serie di percorsi in itinere che intendiamo portare a compimento».
Quale sarà l'agenda di fine legislatura?
«Abbiamo avviato dei percorsi. Manca, a mio avviso, una norma chiara in materia di Urbanistica, Edilizia e Paesaggio, soprattutto per dare fiato ad un sistema turistico ricettivo che può dare un grande contributo al Pil regionale. Dobbiamo dare ai nostri alberghi la possibilità di reggere il passo rispetto all'offerta internazionale e quindi di dotarsi di standard sempre più di elevato livello per porre la Sardegna come meta turistica in grado di offrire altissima qualità. È necessario ristabilire un corretto equilibrio a seguito di una serie di interventi della Corte costituzionale, che hanno cercato da un lato di rimettere in discussione competenze acquisite nel tempo; dall’altro, finalmente, da ultimo, riconoscendo la bontà delle nostre affermazioni, e cioè che alcune norme di attuazione dello Statuto ci avevano attribuito competenza».
I temi da chiudere nell’immediato?
«Dobbiamo portare a compimento il secondo pilastro della Riforma sanitaria, dopo quella della governance della riapertura delle aziende territoriali. Ora spetta alla medicina del territorio e cioè a tutta quella fascia di cronicità che dobbiamo prendere in carico fin dal territorio di residenza, senza bisogno che converga sugli ospedali, dove deve confluire soltanto l'emergenza-urgenza».
Sullo stadio del Cagliari, il nuovo “Gigi Riva”, il percorso è tracciato. C'è l'emendamento approvato dal Consiglio regionale. Quanto è legato lo stadio al nuovo ospedale a Cagliari?
«Credo che la legge regionale abbia posto chiarezza sull'esigenza di dare alla Sardegna, alla città di Cagliari e a tutti i cittadini uno stadio nuovo. Ma accanto allo stadio, un ospedale che risponda alla domanda sanitaria. E a sua volta, accanto a questo, un servizio universitario per il diritto allo studio all'altezza delle aspettative che i giovani sardi hanno».
Concludendo, lei tiene molto a Sa die de sa Sardigna, che vedrà protagonista anche il Gruppo editoriale L'Unione Sarda protagonista. Saranno tre giorni importanti: lei ha parlato di ripartenza. Quanto la Sardegna ha bisogno di una rinascita?
«Assolutamente. Credo che il trentennale Sardegna assuma in questo momento un significato particolare. Dopo le grandi prove alle quali è stato sottoposto il popolo sardo con la pandemia, l'aumento sconsiderato dell'energia, la crisi ucraino-russa con la guerra. C'è bisogno di ripartire e di ripartire di slancio. E per farlo c'è bisogno, a mio avviso, di una rinnovata assunzione di consapevolezza di se stessi, di tutti i sardi, delle grandi potenzialità delle risorse di questa terra e delle grandi capacità dei suoi abitanti. Celebrare il mito fondativo, un momento di resistenza collettiva, aiuta oggi a riproporre con forza l'esigenza di riprendere in mano le sorti della nostra terra».