Più che una sentenza è uno schiaffo. Quella che ieri il Consiglio di Stato ha inferto al banchiere d'Europa, fattosi Presidente del Consiglio dei Ministri, è una lezione di diritto costituzionale in piena regola. Una decisione senza appello. Una pietra miliare nel diritto autonomistico della Regione Sarda. A ristabilire la gerarchia delle norme, i rapporti tra Stato e Regione, ci hanno pensato i Giudici della massima assise amministrativa. Il cuore pulsante della sentenza è scandito al punto 17. Un caposaldo del diritto in grado di ribaltare la smania centralista dello Stato formato Draghi: «La Regione autonoma della Sardegna, in base al proprio Statuto, ha competenza legislativa primaria nel disciplinare gli aspetti paesistico-ambientali del proprio territorio, in ciò differenziandosi dalle Regioni cui tale competenza non è attribuita, ben potendo quindi la suddetta Regione individuare, con maggiore autonomia rispetto alle Regioni ordinarie, le aree non idonee all'insediamento di impianti eolici considerato che la puntuale applicazione delle linee guida statali, nei confronti della Regione autonoma della Sardegna, incontra il limite di competenza inerente ai profili di tutela del paesaggio».

Statuto Autonomo

Tradotto significa che in Sardegna vige ancora una legge costituzionale chiamata «Statuto Autonomo» che assegna alla Regione competenze più ampie rispetto a quelle a Statuto ordinario. Peccato che lo Stato, e qualche volta la stessa Regione, si siano dimenticati di applicarle. L'oggetto del contendere questa volta è l'invasione eolica combattuta a colpi di ricorsi da parte dei signori del vento. Ne hanno presentato in ogni assise, prima al Tribunale amministrativo regionale e, poi, infine, al Consiglio di Stato. L'obiettivo era spregiudicato: conficcare le mega pale eoliche sul proscenio incantato della Basilica di Saccargia e nella Valle dei Nuraghi, nel territorio tra Nulvi e Ploaghe. I signori della solita multinazionale del vento questa volta volevano conficcare una selva di pale eoliche alte 180 metri, come sessanta piani di un grattacielo, tra un Nuraghe e l'altro, tra Tombe dei Giganti e paesaggi mozzafiato nel nord dell'Isola. Un assalto all'arma bianca infliggendo a quel paesaggio esclusivo e monumentale la crocifissione con una caterva di ciclopiche cime d'acciaio a ridosso del panorama della più monumentale delle basiliche sarde, a due passi dal Castello dei Doria e del Castello Malaspina ad Osilo. Dopo il no secco del Tar Sardegna ieri è arrivato quello, senza appello, scolpito nelle tavole del diritto ambientale, paesaggistico e soprattutto costituzionale.

Il primato della Regione

Una sentenza durissima, pubblicata poco dopo mezzogiorno, che non solo riafferma il primato del paesaggio e dell'identità del patrimonio storico e archeologico della Sardegna, ma lo rafforza con un passaggio della sentenza che fa sobbalzare di giubilo l'area legale della Regione che ha schierato in difesa del paesaggio dell'Isola una delle sue punte avanzate, l'avvocato Mattia Pani. È lui che ha vergato la difesa autonomistica della Sardegna davanti ai giudici dell'alta Corte amministrativa ribadendo quell'assunto costituzionale che non lascia adito ad interpretazioni: sul paesaggio la Regione ha competenza primaria. In pratica chi decide sull'eolico è la Regione, definendo con proprio atto legislativo e di indirizzo dove si può e dove non si può fare un parco eolico. I Giudici del Consiglio di Stato, però, sono andati ben oltre le più ambiziose aspettative della difesa regionale. La sentenza è un fuoco incrociato contro le spasmodiche e perenni bramosie della potente lobby eolica che si celavano sull'assalto a Saccargia. I giudici amministrativi del resto un po' li avevano illusi. Nella fase preliminare i signori del vento avevano chiesto una sospensiva della bocciatura del Tar, i togati avevano respinto la richiesta, ma si erano impegnati a fissare immediatamente la decisione nel merito: anziché i due o tre anni canonici appena 8 mesi. E così è stato.

Eolici beffati

Il risultato, però, è stato l'esatto contrario di quello che si aspettavano. Facendo bene i conti avrebbero potuto evitare questo precedente che segna, invece, con un macigno gigantesco, il diritto ambientale e paesaggistico della Sardegna. A capitolare sotto le forche caudine dei giudici amministrativi di Roma non sono solo gli interessi del numero uno dei colossi dell'eolico in Italia, la Erg, multinazionale da sempre a cavallo tra vento e petrolio. A cadere sono tutti i tagliatori di vento, propulsori senza limiti di una valanga miliardaria di interessi eolici. La sentenza viaggia alla velocità della luce tra le chat dei signori del vento: una mazzata pesantissima e inattesa. Del resto ad attenderla non c'erano solo loro. A Palazzo Chigi, residenza temporanea di Mario Draghi, per esempio, non avrebbero mai voluto trovarsi nella condizione di una batosta senza appello come questa.

Il blitz di Draghi & C.

Nemmeno due settimane fa, infatti, il Presidente del Consiglio, spinto dal patron dell'eolico per antonomasia, il Ministro del fu Ambiente Roberto Cingolani, aveva firmato un decreto motu proprio con il quale approvava proprio quel parco eolico, fregandosene letteralmente del fatto che la Regione, la Soprintendenza, il Ministero dei Beni Culturali e anche il Tar Sardegna avessero deciso di respingere senza mezzi termini quell'assalto eolico ai monumenti e paesaggi incantati dell'Isola. Nonostante i signori del vento avessero già avuto il diniego del Tar Sardegna avevano deciso di non arrendersi nell'inarrestabile tentativo di sacrificare quei beni ambientali e paesaggistici pur di incassare miliardi di incentivi eolici proprio dallo Stato. Draghi & Cingolani, rapiti dalla smania eolica in terra d'altri, avevano deciso di cancellare con un colpo solo, attraverso un decreto del Presidente del Consiglio, il verdetto di primo grado dei magistrati sardi e radere al suolo il parere contrario a quell'insediamento, cento pagine di motivazione, proprio del Ministero dei Beni Culturali.

Procacciatori di vento

I procacciatori di vento e denaro di Stato avevano proposto di trasformare la foresta eolica esistente di "piccola taglia", in un parco di "grossa taglia". Un'operazione che volevano far passare come un maquillage dell'impianto che dal 2004 si erge in quello scenario. In alcuni passaggi hanno pure pensato di far intravvedere ai Giudici una convenienza ambientale nel "riammodernare" il vecchio impianto. In realtà il piano di Erg era un vero e proprio assalto al paesaggio e al cuore pulsante dell'archeologia nuragica e non solo del nord Sardegna. Secondo i pareri di Soprintendenze e Ministero dei Beni Culturali, c'era in ballo una miriade di beni identitari e archeologici diffusi in tutto l'areale, come se fossimo dinanzi ad uno straordinario museo a cielo aperto. I progettisti della pianificata invasione d'acciaio avevano argomentato spudoratamente: il progetto è un mero repowering e non si tratta di un "nuovo" impianto eolico.

La scalata

Il piano di occupazione sarebbe dovuto passare da 51 a 27 pale ma l'altezza sarebbe stata triplicata rispetto ai precedenti aerogeneratori. Prima pale da 76 metri ora sarebbero dovute diventare di ben 180 metri, con la potenza elettrica destinata a passare da 43 megawatt a 121,50. Per la Erg si trattava non solo di triplicare le altezze delle precedenti pale d'acciaio, ma l'obiettivo inconfessabile era in realtà quello di moltiplicare i guadagni. Da un incasso di incentivi pubblici di sei milioni di euro con il vecchio impianto, la multinazionale sarebbe arrivata a mettersi in tasca la stratosferica cifra di 17 milioni di euro all'anno, tutti regali di Stato per far girare quelle pale con il vento di Sardegna.

Miliardi & elemosine

Incentivi destinati a far incassare in vent'anni al portafoglio della Erg ben 341 milioni di euro complessivi. Qualche elemosina ai Comuni e il "Paesaggio" segnato per sempre, come scrivono anche i giudici del Consiglio di Stato. La sentenza del Consiglio di Stato, firmata dal Presidente Raffaele Greco, dai Consiglieri Luca Lamberti, Silvia Martino, Alessandro Verrico, e dall'estensore Michele Pizzi, è una "Carta Costituzionale Paesaggistica della Sardegna". I principi giurisprudenziali richiamati sono tradotti in un manuale di diritto. Il primo assunto è per la normativa europea: «Il principio di derivazione comunitaria della massima diffusione degli impianti di energia da fonte rinnovabile può trovare eccezione in presenza di esigenze di tutela della salute, paesaggistico-ambientale e dell'assetto urbanistico del territorio». Il richiamo allo Stato in materia di imposizioni centraliste, poi, è chiaro: «Il decreto legislativo n. 387 del 2003 e le linee guida approvate con d.m. del 10 settembre 2010, si rivolgono nella loro "interezza" alle sole Regioni ordinarie», come per dire, non si applicano "tout court" alle Regioni speciali come la Sardegna. Detta leggela differenziazione dell'Autonomia in base alle disposizioni costituzionali:«Le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano sono fatte salve in forza della "clausola di salvezza"». Il ragionamento si estende, poi, all'energia: «La competenza legislativa delle Regioni a statuto speciale e delle Provincie autonome deve coesistere con la competenza statale in materia di tutela dell'ambiente e con quella concorrente in materia di energia». Come dire, anche sull'energia lo Stato non può fare quello che vuole. Le linee guida statali in materia - ribadiscono i Giudici - sono tali sul piano generale, «ma per la competenza primaria attribuita ad una Regione speciale o ad una Provincia autonoma, in materia di tutela del paesaggio, sono inapplicabili alle suddette autonomie speciali le linee guida nella loro interezza». Ora, dunque, sull'invasione eolica, privata e di Stato, è calata una sentenza senza appello. Con tanto di richiamo costituzionale: «Non sono comunque ammissibili, nei confronti delle autonomie speciali, "vincoli puntuali e concreti" da parte dello Stato (sentenza n. 275 del 2011)». Il messaggio dei Giudici a Draghi & Ministri è chiaro: in Sardegna non potete imporre niente contro il parere della Regione in tema paesaggistico, ambientale e persino energetico. Consiglio di Stato e Corte Costituzionale docet.

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