Scorie nucleari, il Governo ci riprova con l’Isola
Pubblicato il rapporto preliminare: ignorate tutte le opposizioni inviate dalla Sardegna al Ministero dell’AmbientePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Chiamatela pure la maledizione delle «aree idonee». Lo è, come una sorta di anatema di Stato che si abbatte sistematicamente sull’Isola di Sardegna. La nuova persecuzione in terra sarda la spacciano con una definizione che spaventa: «area idonea». Idonea per scaraventare sui paradisi terrestri di Capo Teulada, sul proscenio di Capo San Lorenzo e sulla Penisola di Capo Frasca, le più nefaste servitù militari, quelle che bombardano e devastano coste e promontori.
Idonea per le servitù
Area idonea per la più arrogante delle speculazioni finanziarie ed energetiche della storia, quella che vorrebbe ridurre in brandelli paesaggi e terre agricole, crinali e orizzonti marini, per far spazio a migliaia di mostri d’acciaio, alti più della Torre Eiffel, e distese infinite di “graticole” solari pronte a devastare clima e natura. L’ultima area idonea sbarca nell’Isola dei Nuraghi nei giorni in cui il Consiglio regionale della Sardegna si accinge a “svendere” paesaggi e ambiente alle “sabbie mobili” del Decreto Draghi, quello che ha sancito che non esiste alcuna distinzione tra aree «idonee» e «non idonee».
Ultimo azzardo
L’ultimo azzardo ha una data d’inizio: 26 novembre 2024, avvio procedura di Valutazione Ambientale Strategica dei siti destinati ad ospitare il “Deposito Unico di scorie radioattive”. L’artefice massimo ancora una volta si chiama Pichetto Fratin, quel Gilberto che da due anni occupa la poltrona di Ministro “teoricamente” «dell’Ambiente» e “praticamente” della fantomatica “Sicurezza Energetica». È ancora una volta lui, il piemontese innamorato del vento e del nucleare, a dare il via libera alla sempre più ondivaga procedura per l’individuazione del «Sito per il Deposito Unico Nazionale per le scorie radioattive».
Medaglie pendenti
Una iattura che aleggia sulla testa della Sardegna dal 2001, quando un potente Generale, uno con le spalle pendenti per via della moltitudine di alamari e stellette di Stato inchiodate al petto, tale Carlo Jean, si inventò, su mandato del Governo di allora, un piano per realizzare un deposito unico per “accogliere” le scorie radioattive delle centrali nucleari dismesse sull’onda di un referendum popolare che sancì la fine di un’era iniziata male e finita peggio. Fu bocciato e cacciato, con la Sardegna che scavò la fossa a quel piano deleterio che non aveva mai citato esplicitamente l’Isola, ma ne aveva tratteggiato l’identikit.
“Trippa per gatti”
Si fermarono, comprendendo che non c’era “trippa per gatti”, che quel progetto sarebbe saltato per aria con la via istituzionale o con la sollevazione popolare. La storia di Carlo Jean, il Generale delle scorie nucleari, però, non ha insegnato niente. Pichetto Fratin, perlomeno lui, non l’ha studiata a fondo. Da quando si è insediato nel più ambiguo dei Ministeri, votato alla tutela ambientale ma proteso alla devastazione di paesaggi e natura, non si è dato pace. Ci sta provando in tutti i modi.
Ministro ondivago
Basta vedere l’excursus legislativo e amministrativo di questo ultimo anno. Il due febbraio di quest’anno il Parlamento, su proposta del Ministro, aveva convertito un Decreto del Governo Meloni che esplicitamente pianificava il “colpo gobbo” in due mosse: si cercano Comuni volontari e si “invita” il Ministero della Difesa ad autocandidare le basi militari, magari quelle sarde, ad ospitare il “Deposito” delle scorie radioattive. La premessa era stata messa nero su bianco: «al fine di giungere a una soluzione condivisa e facilitare il processo localizzativo del Deposito Nazionale» è prevista «la possibilità per tutti gli enti territoriali, nonché per il Ministero della difesa per quanto riguarda le strutture militari interessate, di presentare la propria autocandidatura ad ospitare il Deposito».
Porta in faccia
Gli hanno riso in faccia, tutti, o quasi, gli 8.000 campanili d’Italia. “Quasi”, perché in realtà un Sindaco, quello di Trino Vercellese, già territorio gravato da una centrale nucleare dismessa, aveva azzardato la candidatura del suo Comune come volontario. Non ha retto la forza d’urto della sua comunità: la sollevazione fu immediata. Non ha fatto la fine del “povero” Generale Jean, ma poco c’è mancato: delibera ritirata, nessuna candidatura volontaria. Il Ministero della Difesa, solitamente sempre attratto dall’elargizione di copioso denaro pubblico, non ha avuto il coraggio di osare. La storia “radioattiva” di Generali e ministeriali di turno era già segnata profondamente da uranio impoverito e torio per azzardare anche lo stoccaggio delle scorie radioattive dentro i poligoni.
No al volontariato nucleare
Fu così che Pichetto Fratin, costretto dal fallimento della mossa sul “volontariato nucleare”, è dovuto ritornare indietro di 14 anni, al Decreto legislativo del 2010, il numero 31, che aveva stabilito le modalità per autorizzare e realizzare lo stabile-bunker dove segregare le scorie radioattive. Dirà, come ha detto, che è stato obbligato dalle norme di allora ad avviare la procedura di Valutazione Ambientale Strategica, da sempre codificata come «Vas». In effetti, nelle norme, era previsto che, dopo il passaggio a vuoto del “volontariato”, il Ministro avrebbe dovuto dar corso alla valutazione strategica sulla Carta Nazionale delle Aree Idonee.
Gli smemorati di Sogin
Peccato, però, che il braccio “nucleare” dello Stato, la Sogin, incaricata di “smontare” le centrali radioattive e costruire il "mausoleo” nucleare, abbia dichiarato di aver «redatto» quella mappa «sulla base delle risultanze della consultazione pubblica e del Seminario nazionale condotti dopo la pubblicazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee». Due sono le cose, o Sogin dichiara il falso, oppure ha letteralmente e deliberatamente ignorato quel che la Sardegna a gran voce gli urla da 23 anni, con leggi, referendum popolari, delibere di centinaia di Comuni, relazioni tecniche e giuridiche: l’Isola non è idonea.
Sardegna calpestata
Lo ha ignorato la Sogin, non lo poteva, però, continuare ad ignorare il Ministro. E, invece, lo ha fatto: esplicitamente e arrogantemente, calpestando e venendo meno allo stesso dettato costituzionale che gli avrebbe dovuto imporre maggior rispetto per una Regione Speciale a tutti gli effetti, a partire da quell’invocato art.3 dello Statuto Autonomo che alla lettera «f» assegna alla Sardegna la competenza “sacrosanta” del Governo del Territorio. È così che il 26 novembre scorso i Sindaci di 14 comuni dell’Isola hanno ricevuto l’amara notifica: «avvio della procedura di sottoposizione della carta nazionale delle aree idonee alla procedura di valutazione ambientale strategica».
Carta straccia
Le ultime delibere della Regione e dei Comuni, che tre anni fa dichiararono la propria contrarietà a quella nefasta strategia “radioattiva”, trasformate in carta straccia, cestinate sull’altare delle lobby nucleari che incombono sul mega affare. Ministro e Sogin avrebbero dovuto, senza perdere tempo, stralciare la posizione della Sardegna, non solo per le argomentazioni tecniche declinate dalla Regione in una relazione di 139 pagine, ma soprattutto per quelle giuridiche che assegnano alla Sardegna la competenza primaria nel Governo del Territorio, almeno sino al prossimo tentativo di golpe dello Stato contro l’Autonomia sarda.
Quattordici comuni
In ballo, ancora una volta, c’è il cuore dell’Isola, dalla Marmilla alla Trexenta, sino all’oristanese. Quattordici Comuni sotto tiro: Albagiara, Assolo, Usellus, Mandas, Siurgus Donigala, Segariu, Villamar, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Nurri, Ortacesus e Guasila. Sono queste le aree che Sogin ritiene idonee per ospitare il deposito unico nazionale. Per opporsi c’è una scadenza, quella di Natale.
Santo Stefano
Prima di Santo Stefano i Comuni dovranno inviare l’ennesima opposizione ad uno Stato ondivago, perennemente incapace di rispettare la volontà popolare. Un sistema “parastatale” pervicace nel perseguire gli interessi di lobby e affari, tutti da consumare sull’ormai “decrepito” altare dell’ambiente. Da sacrificare, secondo i Palazzi di Roma, c’è ancora una volta la Sardegna: prima con le «aree idonee» per le servitù militari, poi quelle «idonee» per gli speculatori del vento e del sole, ora quelle destinate alle scorie nucleari. Tutto questo nell’unica terra realmente «non idonea».