Uno striscione e cori di insulti, frasi pesanti, una bottiglia lanciata dagli spalti che ha sfiorato una bambina, il terzo tempo che fa registrare la diserzione da parte di alcuni dirigenti, addirittura frasi razziste. È successo di tutto, e poco di bello, prima, durante e dopo la sfida di Prima categoria di calcio regionale, girone E,  tra Castelsardo (squadra di casa) e Valledoria, giocata sabato scorso.

Le polemiche adesso passano dal campo ai comunicati ufficiali della società. Gli scambi di accuse sono pesanti: «Quella partita non doveva essere giocata», sostengono dalla società guidata da Franco Salvatore Mugoni. Della vicenda, e del contorno poco edificante, stando a quanto trapela si stanno occupando anche i carabinieri. 

IL VALLEDORIA. A riaccendere lo scontro, tre giorni dopo il match, è una nota del Valledoria: la tensione avrebbe iniziato a salire fin «dai giorni precedenti all’incontro, ad incominciare dagli schiamazzi durante la nostra seduta di rifinitura del venerdì, per poi sfociare in alcuni striscioni di pessimo gusto all’indirizzo degli abitanti di Valledoria». Il giorno della partita ecco un grande striscione ad accogliere gli ospiti: «Noi vogliamo 11 leoni contro questi co...oni». 

«In questo clima non di certo disteso», prosegue il comunicato, «siamo comunque scesi in campo per fare la nostra partita (anche in questo caso è doveroso segnalare diversi cori offensivi e razzisti indirizzati ad alcuni nostri giocatori) nonostante probabilmente vi erano tutte le condizioni affinché la gara non si disputasse». 

Al fischio finale, quando il campo ha decretato il 2-2, «nel cosiddetto “terzo tempo” alcuni nostri tifosi e dirigenti sono stati continuamente offesi da un gruppo di sostenitori castellanesi, il tutto con la presenza di donne e bambini». Dal Valledoria non vogliono fare «di tutta un’erba un fascio. Siamo solamente rimasti delusi dalla mancanza di intervento della società del Castelsardo verso un gruppo, che sicuramente non fa fare una bella figura né alla squadra né al paese stesso».

IL CASTELSARDO. Una nota, quella dei vicini avversari, che amareggia il presidente del Castelsardo, Pier Filippo Denicu. In attesa di replicare con la stessa modalità, spiega: «In quel comunicato sono scritte tante falsità», dice, «prima e dopo la partita siamo stati al bar con alcuni dirigenti, abbiamo anche bevuto insieme durante il terzo tempo. Solo alcuni di loro», sottolinea, «forse perché raggiunti da una telefonata dai piani alti del paese, se ne sono andati. Ma non li ha seguiti nessuno». 

E gli insulti razzisti all’indirizzo di alcuni giocatori? «Ho chiesto, nessuno li ha sentiti. Nemmeno tra i loro giocatori». Lo striscione però c’era: «Io me ne sono accorto solo alla fine del primo tempo, era verso il campo». Per il resto «gli sfottò dagli spalti ci sono sempre stati, quello è un derby molto sentito. Anche loro, in casa, ci hanno fatto i cori contro, e abbiamo sorriso, perché questo è il calcio». In più «è stato uno di loro a scagliare una bottiglia, che ha sfiorato una bambina». Quello che dispiace a Denicu «è che quella nota arrivi da gente che ha sempre giocato a calcio e conosce l’ambiente. Sono rimasto molto amareggiato». 

LE TENSIONI. Lo scontro riprende vigore dopo queste dichiarazioni. Ed emerge anche un’attività investigativa dei carabinieri di Castelsardo: «La sera prima della partita», aggiunge il presidente del Valledoria, Mugoni, «nella piazza di Castelsardo era comparso un altro striscione. C’era scritto “Doriano carabiniere”, che per gli ultrà è un insulto. E i carabinieri, quelli veri», sottolinea, «hanno acquisito i filmati di tutte le attività commerciali della zona, per risalire ai responsabili». 

Tutto potrebbe chiudersi con una stretta di mano. Ma prima sarà necessario attendere il comunicato del giudice sportivo, atteso per giovedì: «Così», conclude Mugoni, «magari si scoprirà anche che quel vergognoso striscione comparso dentro il campo era stato segnalato prima dell’inizio della partita».

Enrico Fresu

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