Le mani dell’artista nuorese Nicola Urru riescono ancora ad emozionare. Il volto di Giulia Cecchettin è scolpito nell’immagine riprodotta nella spiaggia di Platamona. Un’altra opera effimera che questa volta esprime il simbolo “eterno” della violenza contro le donne.

Sul litorale di Sorso l’artista, particolarmente sensibile alle tematiche sulla violenza di genere, non ha voluto trascurare neppure questa occasione per ricordare la giornata dedicata ai soprusi sulle donne. Lo ha fatto riportando quell’immagine di una ragazza di 22 anni, uccisa brutalmente dal suo ex fidanzato, un femminicidio che ha sconvolto il Paese. In quella scultura di sabbia c’è il volto e la figura di una donna, le sue speranze, la laurea, l’obiettivo di realizzarsi nella vita, quella esistenza cancellata da una mano assassina.

Nicola Urru ha ricordato il discorso di Elena Cecchettin, sorella maggiore di Giulia. «Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I "mostri” non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro». E ancora: «La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura».

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