Un pezzo di storia inedita passata attraverso l’isola dell’Asinara, quando vite umane furono costrette dal regime fascista a lasciare l’Impero di Etiopia, invaso dall’esercito italiano, per essere confinate in diverse località del Paese.

Ministri, magistrati, soldati, ambasciatori, membri dell’elite e della classe dirigente etiope, furono deportati sull’isola dal mese di marzo del 1937 e fino alla fine di maggio, dopo l’attentato ad Addis Abeba contro il vicerè Rodolfo Graziani. Un attacco compiuto nella tarda mattinata del 19 febbraio del 1937 da due giovani partigiani eritrei che lanciarono alcune bombe a mano verso le autorità fasciste, presenti a una cerimonia nel palazzo Guennet Leul. La reazione fu una violenta rappresaglia, un vero e proprio massacro della popolazione etiope, con migliaia di vittime e il confino di tutti coloro ritenuti autori dell’attentato. Alcuni di loro, ben 291 furono confinati all’Asinara nel campo di raccolta e allestimento. E’ il “Passaggio degli Etiopi all’Asinara” il convegno organizzato dall’Ente Parco che ha offerto la possibilità di riappropriarci di una delle pagine più tristi della storia italiana.

Tra loro c’è pure la principessa Romane Worq, 28 anni, primogenita dell’imperatore di etiopia, Hailé Selassié, fatta rapire da Benito Mussolini e confinata nell’isola nel ’37 dove perse il figlio Gedeon, il suo ultimogenito di due anni. Difficile reperire documenti di quell’epoca per rendere “giustizia” alle vittime, di cui si conosce ancora poco o niente. La conferenza ha ospitato accademici e studiosi che hanno ricostruito un periodo drammatico, un’epoca segnata dalla disperazione di persone, accusate senza alcun processo, e deportate in vari paesi dell’italia. La principessa "triste" fu rapita subito dopo la conquista dell’Abissinia e Mussolini le concesse di soggiornare nelle casette di Cala Reale insieme con due dei suoi quattro figli. Al suo fianco anche le damigelle di corte e alcune autorità etiopi in esilio forzato. La principessa del melograno d’oro, il suo titolo imperiale, morì il 14 ottobre del 1940 in un convento a Torino, dove fu in seguito trasferita. Altri etiopi di rango sono deceduti durante la permanenza all’Asinara. Sarah e Menelik Nouvellon sono due giovani studenti francesi, discendenti di una famiglia di etiopi confinati nell’isola, ma che non rinuciano alla loro storia passata. «Un esempio di una testimonianza utile a tracciare un periodo drammatico del passaggio degli etiopi sull’Asinara», spiega Vittorio Gazale, direttore dell’Ente Parco. Il loro padre è francese, ma la loro madre è di origine etiope, discendente diretta del trisnonno, Haile Wolde Meskel, nato nel 1896 in Etiopia e deportato sull’isola nel 1937. Morì nell’ospedale civile di Sassari il 20 settembre dello stesso anno. «Dopo l’attentato a Graziani, Tsehafi Wolde Meskel padre di mio trisnonno, un politico illustre di Etiopia, ministro dell’agricoltura e presidente del consiglio dei ministri al servizio di di vari imperatori, fu deportato all’Asinara insieme ai due figli, Haile e Moheteme Selassiè», racconta Sarah Nouvellon «così insieme a mia madre, archivista che ha ricostruito l’albero genealogico dei suoi antenati, siamo stati sempre curiosi di conoscere il destino di mio trisnonno, perché la sua scomparsa ha avuto pesanti conseguenze economiche per la nostra famiglia». Quindi la decisione di portare avanti da soli un’indagine, frugando negli archivi fino ad imbattersi nel libro di Andrea Giuseppini, ricercatore attivista, autore del progetto di ricerca e documentazione “Campi fascisti”, una mappatura dei luoghi di isolamento usati dalla dittatura fascista dalla marcia su Roma fino alla II guerra mondiale. Un secondo documento fondamentale per la ricerca dei due giovani fu il libro “Un nome sopra la tomba”, scitto nel 1963 da Moheteme Selassiè, fratello di Haile. Rivela la data della morte del trisnonno e il luogo di sepoltura: il cimitero di Sassari.  Memorie che ritornano e altre ancora da scoprire. 

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