L’incontro con i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino quando sbarcarono sull’isola dell’Asinara per preparare gli atti del maxiprocesso di Palermo contro Cosa Nostra. Momenti che restano nella memoria di chi ha esplorato ogni angolo di un vasto territorio, tra strade sterrate e polvere, un contrasto selvaggio che bene si sposa con le bellezze naturali e l’immenso patrimonio ambientale e culturale che conserva l’Asinara.

Gianmaria Deriu, 63 anni di Ittiri, agente penitenziario in pensione continua a sorvegliare l’isola protetta. All’Asinara ci vive ormai da oltre quarant’anni, come ultimo custode che racconta dei detenuti più pericolosi d’Italia e dei magistrati che lottarono contro di loro.

Borsellino e Falcone arrivarono sull’isola nell’estate del 1985, la loro base fu la “Casa Rossa”, una foresteria circondata da sentinelle e guardie. “Ricordo il giorno in cui arrivarono decine di faldoni, documenti sui quali costruire le pratiche del maxiprocesso – racconta Deriu – atti sistemati in una stanza nei diversi scaffali. I giudici dopo cena si rinchiudevano all’interno di quella stanza e vi rimanevano fino alle tre del mattino: il fumo si tagliava a fette".

Lavoravano in una specie di bunker e durante la giornata si concedevano qualche pausa. Ricorda la loro gentilezza e disponibilità. “Allora avevo 27 anni ma solo dopo abbiamo capito il valore di queste persone dedite giorno e notte a lavorare su quelle carte” aggiunge l’ex agente penitenziario. “Quello che non posso dimenticare è il giorno in cui Borsellino mi chiese chi si occupasse della cucina. Mi venne incontro un detenuto e lo indicai, il giudice lo riconobbe e immediatamente chiese di sostituirlo con un agente di custodia, talmente era la paura di un attentato e la necessità di garantire la massima sicurezza delle operazioni”.  Storie raccontate anche in occasione della visita di Pietro Grasso, ex presidente del Senato ed ex magistrato, nell'isola dell'Asinara.

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