Nell’Isola c’è un piccolo esercito di “angeli invisibili” che si dedica al prossimo anche quotidianamente. Si tratta di sardi e sarde che compiono azioni di solidarietà anche senza far parte attivamente di associazioni di volontariato, al centro della ricerca “Ricerca-azione sul volontariato sommerso in Sardegna: mappatura, valorizzazione e strategie di emersione”, realizzata del Centro Servizi Sardegna ODV (CSV Sardegna) e curata dal Centro Studi Sociali “Carlo Carretto”.

Lo studio — presentato a Cagliari sabato 18 ottobre — getta luce su un mondo di gesti quotidiani di aiuto che, pur restando fuori dalle statistiche ufficiali, rappresenta una «risorsa vitale per il tessuto sociale dell’Isola».

Basti pensare che in Sardegna il 18% degli intervistati dichiara di dedicarsi ad attività di aiuto non strutturate: una percentuale superiore al 15% di chi dichiara di partecipare al volontariato formale.

«Questi dati – evidenzia il CSV – forniscono una prima fotografia di una realtà in cui la solidarietà passa spesso per canali informali: chi offre cibo o vestiti a chi è in difficoltà (39%), chi accompagna anziani o vicini negli spostamenti (23%), chi dà una mano durante emergenze o calamità (21%)».

«La forza di questo volontariato – prosegue CSV – è la sua flessibilità. È scelto soprattutto da adulti tra i 35 e i 54 anni, stretti

tra lavoro e famiglia, che preferiscono azioni brevi e dirette. Le motivazioni sono molteplici: sentirsi utili, reagire alle disuguaglianze, ma anche evitare burocrazia e vincoli e poter avere la libertà di scegliere di volta in volta la causa da sostenere».

«È un impegno spontaneo e relazionale — spiega il report — che nasce dal desiderio di umanizzare la convivenza e rafforzare i legami sociali»:

Le radici di questa solidarietà affondano nella cultura comunitaria sarda, fatta di mutuo aiuto e reciprocità. Tradizioni come Sa Paradura o S’azzudu torrau sono esempi di solidarietà “naturale”, che ancora oggi ispirano forme moderne di volontariato diffuso.

Il report analizza anche il volontariato aziendale, pratica che unisce responsabilità sociale e partecipazione civica. In Sardegna solo il 2% dei rispondenti vi partecipa regolarmente, mentre il 10% ha indicato di farlo qualche volta, ma oltre un quarto sarebbe disposto ad aderire se ne avesse l’opportunità. Diverse aziende isolane stanno già sperimentando iniziative solidali con ricadute positive sul territorio.

«La ricerca – prosegue CSV - segnala un potenziale importante. Il volontariato aziendale può essere una palestra per il Terzo Settore. Un luogo in cui i lavoratori sperimentano l’impegno civico e, spesso, decidono poi di proseguirlo in modo autonomo.

Il radicamento del volontariato sommerso in Sardegna affonda nelle consuetudini comunitarie, dove la solidarietà è parte integrante della vita sociale. Ma il futuro presenta anche sfide: la burocrazia, la paura di confondere volontariato e lavoro nero, la perdita del senso di appartenenza nelle aree spopolate, il disinteresse delle nuove generazioni. C’è il rischio che la rete di solidarietà spontanea si assottigli, se non la si riconosce e valorizza in tempo».

Ancora, viene rimarcato, «c’è necessità di maggiore informazione e coordinamento: il 57% delle imprese sarde ritiene utile avere un intermediario, come il CSV che potrebbe agire da “ponte” tra volontari informali, enti del Terzo Settore e imprese, offrendo formazione, supporto e spazi di incontro».

«Il volontariato sommerso, conclude la ricerca, è una risorsa invisibile ma indispensabile: sostiene chi è fragile, rafforza le comunità e intercetta i nuovi bisogni sociali prima che emergano».

«Riconoscerlo e valorizzarlo significa proteggere un patrimonio umano che da sempre fa parte dell’identità sarda», affermano i ricercatori. «Dietro ogni gesto gratuito si nasconde la forza silenziosa di una Sardegna, che continua a credere nel valore dell’aiuto reciproco».

(Unioneonline/l.f.)

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