Motivi per gioire non ce ne sono, malgrado i 30mila occupati in più tra 2021 e 2024. La Uil parla di «paradosso sardo». Per la Cisl «il lavoro cresce nei numeri ma non nella qualità». La Cgil evidenzia «l'incidenza elevata di stagionalità e precarietà».

Parole diverse per una lettura univoca del report della Cna presentato ieri dal titolo “Sardegna al lavoro, analisi e scenari di mercato tra innovazione, IA e nuove competenze”. Con un dato che salta subito all’occhio: l'8,2% di senza lavoro, mai così dal ‘75.

Pier Luigi Ledda, segretario generale della Cisl, appunta: «L'aumento degli occupati è un dato positivo, ma se il 58% dei nuovi posti è stagionale e concentrato in settori a basso valore aggiunto, non possiamo parlare di sviluppo ma di sopravvivenza. Senza lavoro stabile e qualificato non c'è futuro per i giovani, per le donne, per le famiglie». Fulvia Murru, leader in pectore della Uil, resta sullo stesso perimetro di analisi: «Cala la disoccupazione, ma aumentano precarietà, salari bassi e fuga dei cervelli». Per Fausto Durante, che in Sardegna guida la Cgil, «niente di nuovo sotto il sole: siamo davanti a una tipologia di contratti che non produce incremento di Pil né di produttività. Significa che non c'è alcun vantaggio per la collettività e nemmeno per i lavoratori».

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