Volume delle liste d'attesa e rinunce all'assistenza.

Sono questi i due nodi che nel periodo Covid hanno fatto tremare il sistema sanitario dell'Isola.

Il Piano di medicina territoriale presentato nei giorni scorsi dall'assessore Mario Nieddu analizza in modo preciso i due fenomeni che, già prima della pandemia, avevano superato la soglia d'emergenza. E, soprattutto per le liste, dà spazio alle linee d'intervento possibili: su tutte, il sistema delle classi di priorità, intese come “valido strumento per assegnare il corretto tempo di accesso alle prestazioni sanitarie e il regime organizzativo più adatto”.

LE RINUNCE – Quanto alle rinunce, la Sardegna occupa il primo posto in Italia con un valore dell'11,7%, che l'anno prima aveva toccato il 12,5%. Significa che, su 100 pazienti che hanno bisogno di curarsi o di fare accertamenti, quasi 12 rinunciano. L'Isola fa peggio di Calabria (10,2%), Abruzzo (9,8), Molise (8,2%), Lazio (7,7%), Basilicata (7,2%), Puglia (7,1%). Le cose vanno molto meglio al nord, dove le Province di Trento e Bolzano registrano rispettivamente un 3,3% e un 3,4%. Bene anche Emilia Romagna (4,1%), Friuli Venezia Giulia (4,4%), Liguria (4,6%) e Lombardia (5,5%).

Sono dati Istat del 2019, ma nel 2020 la situazione si è molto aggravata a causa del coronavirus.

La percentuale media del 6,3% a livello italiano è cresciuta del 40% nell'anno da dimenticare: in piena emergenza sanitaria il 50% di chi rinuncia alle cure ha riferito motivazioni legate alla pandemia.

LE LISTE D’ATTESA – Prima del Covid i motivi prevalenti di rinuncia, in Sardegna più che altrove, erano di tipo economico e legati alle lunghe liste d'attesa.

Nell'Isola, come nel resto del Paese, ci sono differenze significative legate al genere.

La rinuncia alle cure è prevalentemente donna: nel 2019, circa il 14% delle donne ha dichiarato di aver rinunciato a prestazioni sanitarie, a differenza degli uomini che a rinunciare erano circa uno su dieci. Nel 2020, si sono registrati valori ancora più alti, circa il 18% delle donne, rispetto a circa il 12% degli uomini, sebbene il dato risulti fortemente condizionato dall'emergenza Covid-19. 

(Unioneonline)

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