«Turismo lento e agricoltura messi a rischio dai parchi eolici che minacciano il Sarcidano»
Tavola rotonda nella sede centrale de L’Unione Sarda con i sindaci di Isili e Genoni, Luca Pilia e Gianluca Serra, l’imprenditrice turistica Pamela Mereu, l’agricoltore biologico Peppe Prasciolu e Paolo Pisu, coordinatore del comitato per il Trenino verdePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Una tavola rotonda nella sede centrale de L’Unione Sarda sui progetti per impianti eolici e fotovoltaici nel Sarcidano, in particolare nelle aree con siti archeologici e zone agricole. Hanno partecipato i sindaci di Isili e Genoni, Luca Pilia e Gianluca Serra, l’imprenditrice turistica Pamela Mereu e l’agricoltore biologico Peppe Prasciolu, entrambi esponenti del comitato popolare per la difesa del territorio, e Paolo Pisu, coordinatore del comitato per il Trenino verde.
Sei impianti fotovoltaici, nove parchi eolici con 328 pale disseminate tra Sarcidano e zone limitrofe: condizioneranno agricoltura, turismo e paesaggio?
Pamela Mereu: «Sarebbe la fine dello sviluppo come l’abbiamo inteso negli ultimi anni. Io gestisco un hotel con camere indipendenti immerse nel verde sul modello delle “pinnette”, gli antichi alloggi dei pastori, un’attività che si “nutre” del paesaggio. Alcuni progetti prevedono pale alte duecento metri, ben visibili da ogni lato, ma a nessuno piace andare in vacanza in uno scenario industriale. A Orroli vorrebbero creare una cintura di 29 pale eoliche attorno al nuraghe Arrubiu, che catalizza l’interesse di migliaia di visitatori: in linea d’aria sarebbero distanti 1,9 chilometri. Un disastro».
Paolo Pisu: «Vi sembra normale che stiamo discutendo di quante pale e pannelli fotovoltaici installare in territori ameni come il Sarcidano senza uno studio preventivo? Come se un medico registrasse gli effetti di un dolore senza indagarne le cause. Il futuro è questo? Il 7 giugno è stato sottoscritto un patto scellerato nella conferenza delle Regioni: la Sardegna ha accettato di produrre 6,2 gigawatt. Come non bastasse, la Regione Val D’Aosta ha presentato un progetto eolico in Sardegna. Il perché è chiaro: vogliono sporcare il nostro territorio senza intaccare il loro. Saccheggiano il nostro sole e il nostro vento calpestando i diritti di chi vive nell’Isola. Vi immaginate la reazione di chi sceglie il turismo lento a bordo del Trenino verde e dal finestrino vede una foresta di pale eoliche svettare sopra i boschi?».
Gianluca Serra: «Il dato è sottostimato. A Genoni vorrebbero costruire una sottostazione a 150 metri da un’importante azienda zootecnica su terreni di proprietà della Congregazione delle figlie di San Giuseppe, che ha espresso parere contrario dal primo momento. Quei terreni – a cinquecento metri dall’ultima casa del paese e 550 metri dal nuraghe Santu Perdu – li consideriamo un bene identitario. Rischiamo di essere schiacciati da questa industrializzazione che va oltre le pale, con sottostazioni, cavidotti e tutto il resto. Stiamo lavorando all’istituzione del parco della Giara: avrà la vista sulle pale? Manca la programmazione, il nostro territorio con tutti i progetti presentati soddisferebbe quasi i 6,2 gigawatt che dovrebbero essere prodotti nell’intera Sardegna».
Luca Pilia: «Assistiamo a un’invasione. Isili è al centro di tre progetti eolici, ho perso il conto di quelli fotovoltaici: nessuno porta benefici alla comunità. Abbiamo scelto lo sviluppo sostenibile, il turismo, l’agricoltura. Sono stati appena investiti oltre 10 milioni concessi dalla Regione alla Comunità montana in progetti di sviluppo incompatibili con l’assalto degli impianti per le rinnovabili. Da queste parti si è già vissuto il miraggio industriale con Rovelli, di quei tempi restano i capannoni abbandonati».
Peppe Prasciolu: «Ci sono tante aziende che danno posti di lavoro, creano reddito, tutte ecosostenibili. La nostra Kentos, a Orroli, dà lavoro direttamente a 20 persone e indirettamente a più di 100 agricoltori, e poi ci sono imprese vitivinicole, altre lavorano le piante officinali o producono l’olio, abbiamo la filiera della carne. Tutte hanno in comune l’immagine legata alla sostenibilità e ai luoghi in cui si svolge l’attività, sfregiare il paesaggio con le pale sarebbe devastante anche per l’economia».
Avete incontrato i rappresentanti delle società? Quali contropartite vi hanno proposto?
Mereu: «Io non li ho mai incontrati, so per certo che sono stati contattati alcuni proprietari di terreni cui sono stati offerti 20mila euro l’anno per dieci anni. Se ci si presenta da un povero agricoltore e gli si fa una proposta del genere è probabile che ceda. Così si comprano le persone e si creano tensioni tra i residenti».
Pisu: «Le multinazionali sono anonime, non hai davanti un imprenditore in carne e ossa. Sono legate a lobby che stanziano denaro per un progetto, punto. Noi sardi abbiamo imparato a nostre spese che l’economia va avanti per cicli storici, ciò che va bene oggi domani sarà superato: a Monte Arci ci sono le vecchie pale eoliche che nessuno vuole smaltire. Purtroppo non c’è un imprenditore con cui prendercela. Dobbiamo pensare al futuro, vorremmo consegnare ai nostri figli il territorio in buone condizioni, come l’abbiamo avuto dai nostri padri».
Serra: «La loro specialità è spedire le comunicazioni via Pec ai Municipi. Ci sono dei contatti informali, cercano di intortare qualcuno: non acquistano aree, vogliono comprare le persone. E questo potenzialmente crea conflitti dentro le comunità. Un amministratore deve andare oltre i vantaggi dei singoli, quindi si trova davanti un bel problema. C’è un aspetto tragico: se qualche proprietario non cede, hanno licenza di uccidere, cioè possono espropriare il terreno. Come sta avvenendo in questi giorni a Selargius per il Tyrrenhian link».
Pilia: «Non siamo mai stati coinvolti, al massimo ci hanno incontrato per farci proposte ridicole. Come quella di un parco giochi a dieci chilometri dal centro. Abbiamo obbligato uno di questi aspiranti investitori a partecipare a un’assemblea: tre del pomeriggio di luglio, caldo infernale, i cittadini hanno criticato con argomenti inoppugnabili il progetto. Conclusa la riunione, finito tutto».
Prasciolu: «La guerra tra poveri è pericolosissima. Ci vogliono strumenti legislativi per impedire che i singoli siano messi sotto pressione, ci vuole una programmazione che tenga conto delle esigenze della collettività».
La moratoria approvata dalla Regione bloccherà l’assalto?
Mereu: «Non resetta il processo autorizzativo, quindi rischia di essere una perdita di tempo».
Pisu: «È assolutamente negativa. È in atto una corsa a presentare nuove richieste. A marzo 2023 erano 624 in tutta la Sardegna, al 30 giugno 824. La moratoria non sfiora gli impianti eolici in mare. L’unico varco che abbiamo è l’urbanistica, dobbiamo inserirci lì. La Regione, maggioranza e opposizione, non si muove. Dobbiamo farlo come Associazione dei Comuni, bisogna portare avanti la proposta dei comitati di una legge di iniziativa popolare: raccoglieremo le firme nelle piazze».
Serra: «Ha lo stesso valore di uno sbarramento precario messo in fretta e furia per bloccare un fiume in piena: forse sarebbe stato più utile un provvedimento nazionale. Intervenire sul lato urbanistico ha sicuramente più possibilità di ottenere qualche risultato accettabile. Stabiliamo qual è il fabbisogno regionale, aggiungiamo una quota per l’interesse nazionale che non può essere un’enormità. E utilizziamo innanzitutto il suolo già consumato: capannoni, zone abbandonate».
Pilia: «La moratoria è un primo atto, ma c’è ancora molto da fare. Bisogna concentrarsi sul lato urbanistico e individuare le aree idonee con l’accordo di Comuni e cittadini. Devono essere già compromesse e urbanizzate, penso alle ex cave, a Isili la zona industriale urbanizzata è di una novantina di ettari. Siamo contro queste imposizioni che non portano alcun beneficio».
Prasciolu: «La moratoria non ci salverà. Aspettavamo uno strumento legislativo adeguato e siamo rimasti delusi. A Ortacesus, nei terreni più fertili della Sardegna, ci sono parchi eolici in via di approvazione: non saranno scalfiti dalla moratoria. Bisogna avere il coraggio di rimettere in discussione anche le decisioni dal governo Draghi».
Come immaginate la transizione energetica?
Mereu: «Il primo passo è la produzione per l’autoconsumo. Così come la stanno declinando oggi, la transizione è per niente green».
Pisu: «In campagna elettorale ci hanno promesso l’agenzia regionale per l’energia: passino dalle parole ai fatti. Dobbiamo imparare a ridurre i consumi e produrre con l’idroelettrico».
Serra: «Comunità energetiche, impianti solo dove servono, risparmio energetico. Ovviamente le grandi nazioni inquinanti devono fare la loro parte, altrimenti sarà tutto inutile».
Pilia: «A beneficio dei cittadini e delle imprese, non imposta dall’alto. Innanzitutto bisogna favorire gli impianti di autoconsumo».
Prasciolu: «Deve partire dal basso, con la creazione di comunità energetiche, e dev’essere gestita nei territori. L’importante è non compromettere le risorse naturali di migliaia di persone che lavorano sodo per costruire un futuro sostenibile».
Un referendum è ipotizzabile?
Mereu: «Non conosco i tempi necessari: se fossero lunghi il pronunciamento sarebbe purtroppo inutile».
Pisu: «Sottoponiamo la questione al vaglio della democrazia diretta, al referendum popolare».
Serra: «Siamo nella condizione in cui “tutto fa brodo”. C’è anche chi è indifferente al problema o ha le mani in pasta: i primi devono essere sensibilizzati, gli altri avversati. Ho paura della tempistica, forse è meglio agire subito con la legge urbanistica».
Pilia: «Abbiamo poco tempo, però penso che quando si discute il futuro dei cittadini sia giusto coinvolgerli. Avranno la vita condizionata da queste scelte, quindi è importante conoscere il loro parere».
Prasciolu: «È sicuramente un progetto da mettere in cantiere, ma ci serve qualcosa di più rapido. Il tempo a disposizione non è tanto, e può fare la differenza tra salvare la nostra terra oppure sacrificarla per una rivoluzione che fa rima con speculazione».
Paolo Carta
Paolo Paolini
Francesco Pintore