L’avrebbero violentata a turno in due, mentre un terzo giovane avrebbe partecipato all'aggressione sessuale mettendo a disposizione sia l’auto usata per l'adescamento di una giovane prostituta sia il luogo dove poi è avvenuta la violenza: un ristorante sulla costa di Castiadas nel quale d’estate il ragazzo avrebbe lavorato come cuoco e d’inverno come custode. Inchiodato dalle indagini, Babar Bashir, pachistano di 26 anni, l’unico identificato dei tre e mandato a processo, è stato condannato ieri a dieci anni di reclusione, due in più rispetto a quanto chiesto dall’accusa.

A coordinare le indagini, nate dalla denuncia della donna, era stato il pubblico ministero Gilberto Ganassi. I fatti risalgono al 2017. Pochi giorni dopo la violenza, la vittima aveva rivisto l’auto e l’aveva segnalata alla polizia giudiziaria che era risalita al giovane proprietario. La donna, c’è da sottolinearlo, nel corso del dibattimento aveva anche ribadito che l’imputato pachistano non aveva partecipato allo stupro ma era alla guida e aveva nascosto la targa dell’auto quando poi era stata abbandonata nei pressi di viale Diaz a Cagliari. Adescata nei pressi di via Po con la scusa di una prestazione sessuale a pagamento, la giovane era poi stata minacciata con un coltello e portata a Castiadas in uno stabilimento balneare dove lavorava l’imputato.

«L’imputato ha messo a disposizione l’auto e il locale dov’è avvenuta la violenza», ha detto la pm Rita Cariello, sollecitando la condanna per violenza sessuale di gruppo: «Aveva accompagnato gli aguzzini ed è stato ripreso dalle telecamere mentre con le chiavi apre il ristorante. I riscontri sono molteplici: la donna ha descritto il luogo, ricordava il pianoforte bianco e gli arredi. Tutto è stato riscontrato».

Il difensore d’ufficio Roberto Nati ha chiesto alla Prima sezione penale del Tribunale, presieduta dalla giudice Tiziana Marogna, di valutare le attenuanti perché il ragazzo non aveva partecipato comunque alla violenza, come ammesso dalla giovane costituitasi parte civile con l'avvocato Marco Zusa. Al termine di una breve camera di consiglio i giudici hanno deciso di condannare l'imputato, attualmente irreperibile, a 10 anni di carcere.

(fr. pi.)

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