Sapeva di dover lasciare l’ospedale Businco di Cagliari nel giro di poche ore, al massimo l’indomani, per essere trasportato in carcere a Uta. Sandro Sarais, il 56enne di Nuraminis in stato di fermo per l’omicidio della compagna Mihaela Kleics, uccisa con più di 35 coltellate in una mansarda a Quartu, ha fatto tutto in pochi secondi: si è alzato dal suo letto al terzo piano del reparto di Chirurgia toracica, forse con la scusa di dover andare in bagno, poi è corso verso la finestra e, dopo aver spintonato i due agenti della Polizia penitenziaria che lo piantonavano e che hanno cercato di bloccarlo, si è buttato di sotto. Un volo di dodici metri, poco prima delle 17 di ieri. L’uomo non è morto subito: i soccorritori dello stesso ospedale e del personale del 118 hanno provato a rianimarlo per quasi mezz’ora. Poi si sono arresi.

Una nuova tragedia

Un nuovo tragico atto di una storia di violenza e dolore per due famiglie: quella della cinquantenne rumena, ammazzata sabato 11 dicembre (il corpo è stato trovato due giorni dopo) in via della Musica a Quartu, e quella del compagno, accusato da subito del femminicidio e che, dopo una fuga, ha cercato di togliersi la vita in auto, ferendosi al collo e al petto con un coltello, e poi ricoverato, in stato di fermo, al Businco dopo un primo passaggio al Brotzu. Un finale forse annunciato. Perché i sensi di colpa si erano impossessatati di Sarais. Non stava bene e anche ieri mattina, prima della visita della sua avvocata Shannon Cipollina, aveva preso dei farmaci per scacciare demoni e brutti pensieri. Il delitto lo aveva confermato subito ai carabinieri, ribadendolo nell’interrogatorio in ospedale. Ma non ha mai fornito i dettagli, né il movente. Solo poche parole: «Sono stato io. Dirò tutto quando starò meglio». E anche alla legale ha confermato di aver ucciso la compagna al termine di una delle numerose liti e discussioni che i due avevano. Il perché però non è mai emerso con chiarezza.

La decisione

Probabilmente Sarais stava pensando al suicidio da alcuni giorni. Ieri era in programma una visita medica: subito dopo sarebbero potute arrivare le dimissioni. E quindi il trasferimento in una cella a Uta. Il 56enne lo sapeva molto bene. Ha così deciso di farla finita. Inutile il tentativo di salvargli la vita da parte degli agenti della Penitenziaria che non lo potevano mai perdere di vista. Le spinte per divincolarsi, l’apertura della finestra e il volo. È stato intubato, per cercare di evitare la morte una seconda volta dopo quella nelle campagne di Solanas, con le coltellate a se stesso. Poi il cuore di Sarais ha smesso di battere. Oltre ad altre pattuglie della Polizia penitenziaria, sono arrivati i carabinieri della stazione di Sant’Avendrace, della compagnia di Cagliari e quelli del comando provinciale. Il medico legale Roberto Demontis ha effettuato un controllo sul corpo, poi trasferito al Policlinico in attesa della decisioni della Procura.

Le indagini

Il 56enne di Nuraminis, secondo le accuse, ha ucciso la compagna con oltre 35 coltellate per poi allontanarsi in auto e vagare nel litorale per due giorni, fino a lunedì quando i carabinieri lo hanno rintracciato grazie alla geolocalizzazione del telefono. I vicini di casa della coppia hanno sempre parlato di violenti discussioni, urla. «Un femminicidio annunciato». E la donna, ad agosto, ha denuciato quell’uomo per poi ritrattare. Sarais, dopo essere stato catturato, ha ammesso le sue colpe per poi chiudersi nel silenzio davanti alla pm Nicoletta Mari e al gip Michele Contini.

Reparto detenuti

Quanto accaduto ieri rilancia l’urgenza, come fanno sapere i segretari dei sindacati della Polizia penitenziaria Michele Cireddu (Uil Pa) e Alessandro Cara (Uspp), di aprire «un repartino destinato ai detenuti che garantisca la sicurezza di tutti anche per evitare tragedie come quella avvenuta al Businco».

Matteo Vercelli

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