È il giorno dell’addio: nella chiesa di San Giovanni Battista, a Samatzai, suo paese d’origine, si sono svolti i funerali di Alberto Musio, 75 anni, ex carabiniere, presidente dell’associazione di volontariato Acra di Nuraminis.

Stroncato da un malore in casa, che la settimana scorsa aveva reso purtroppo inutile l’arrivo dei “suoi ragazzi” a bordo di un’ambulanza: sono stati loro a intervenire, dopo aver ricevuto la chiamata «che nessuno avrebbe mai voluto ricevere», aveva detto, affranto, uno dei componenti del Consiglio dell’associazione, Eugenio Pinna. 

Ed è ancora Pinna che ricorda l’amato presidente. Ecco il suo scritto.  

«Oggi si celebra un grande, grande in tutti i sensi Quando conobbi Alberto, ero un ragazzino, appena entrato a far parte del mondo dei volontari del soccorso che vedeva le persone più anziane di servizio come degli idoli. Aspetto marziale, gigante, col baffetto da maresciallo e il vocione... Un espressione serissima che quasi ti incute a timore... Non avevo idea che, anni e anni dopo, sarei entrato nell’associazione, di cui è presidente (perché per me lo è e lo sarà, sempre), non sapevo che avrei conosciuto meglio quel "corazziere" dall’aspetto burbero che invece si rivelò la migliore persona che io conosca oggi.

Piano piano lo conobbi meglio, più a fondo, fino a poi diventarci amico... In contatto ogni giorno, entrai a far parte del direttivo e, dal giorno, ci stetti più a contatto... Allora inizi a riconoscere quelle espressioni, anche quelle da maresciallo, poi da amico, a volte da papà, sino a vedere anche le sue vulnerabilità, la sua salute, i problemi che ha superato brillantemente nonostante la loro gravità... E di nuovo i sorrisi... Portare avanti un associazione così, la sua seconda famiglia, "la nostra" seconda famiglia, era come fare davvero il lavoro che ami, quello che si dice, "se fai il lavoro che ami, non lavorerai nemmeno un giorno"...

Era presenza costante anche se non fisicamente... Più telefonate al giorno, tutti i giorni, le battute che si alternavano alle cose serie, i pranzi, le cene le feste... Adesso credo saranno un po' vuote... Adesso non potremo più dire «Avvisa Alberto, chiama Alberto, chiedi ad Alberto»... Era sempre lì, nonostante i suoi problemi privati.

Quella notte, non sapevamo che sarebbe diventato il nostro Angelo custode... Non volevamo... E probabilmente non lo voleva neppure lui.
Come ha scritto la mia collega, nella lettera a lui dedicata, nonostante la corsa disperata, l’ambulanza sembrava lenta lenta... Era tutto stranissimo... É quasi come se quell’intervento l’avessimo sognato e basta, mentre invece è solo la tristissima realtà.

Diceva a suo fratello: «Se mi dovesse succedere qualcosa, spero che arrivino i miei ragazzi»,  perché eravamo i suoi ragazzi, dopo 28 anni di presidenza, non potevamo che esserlo, ed eravamo e siamo felici di essere i suoi ragazzi.
Voglio che la favola continui
Voglio che questa organizzazione continui ad andare avanti e a crescere come voleva lui... Voglio portare avanti ciò che già faceva, lo vogliamo tutti, per mantenere vivo il nostro gigante buono.
Ciao bellobe’, ti vogliamo bene». 

(Unioneonline/E.Fr.)

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