Nella grande casa che affaccia sul cortile della parrocchia di Santa Vittoria, a Sarroch, c'è profumo di pollo al sugo e spezie.

Kallil, grembiule da chef e cuffiette conficcate nelle orecchie, mescola il riso in un pentolone, canticchia e sorride.

Oggi tocca a lui cucinare, e gli piace un sacco.

"Sono bravo, sai, ho imparato in Algeria, lavoravo in un ristorante, ma è stato un breve passaggio della mia vita precedente, sono ivoriano, ho 17 anni, sono sbarcato a Cagliari il 4 ottobre 2016, e quel giorno sono rinato".

IL VIAGGIO - Il percorso è all'incirca lo stesso per tutti: fuga dal paese d'origine per fame, guerre, violenze, la traversata del deserto su mezzi di fortuna e a piedi, l'arrivo in Libia, la schiavitù e le sevizie per "pagare" il viaggio, l'attesa per salire sul barcone e prendere il largo, il salvataggio sulle navi delle Ong e infine le coste italiane.

I migranti minori soli registrati - dati del ministero delle politiche sociali - sono poco meno di 18.500, in Sardegna, 828.

Qui, nella residenza dietro alla chiesa, ora ce ne sono sette, ospiti dell'associazione il Sicomoro, che ha in carico quaranta adolescenti e cinquanta adulti distribuiti in sette centri d'accoglienza tra Cagliari e hinterland.

LA GIORNATA - È domenica, e a pranzo, oltre agli abitanti della grande casa ci sono: l'operatrice di turno, la responsabile delle strutture, la giornalista e Sergio, un pover'uomo che per colpa di un incendio non ha più un tetto, e allora i ragazzi, finché il Comune non trova una soluzione, hanno accettato di buon grado di aggiungere un posto alla loro tavola.

Le campane suonano, i bambini dell'oratorio urlano, padre Gianni telefona per dire che si presenterà per il caffè, mentre il riso ribolle, dalla porta sempre aperta fanno capolino due donne con vassoi incartati, ciao su pippiu - fa una all'africano che la sovrasta di un metro abbondante - vi abbiamo portato la torta e i dolci.

I RAGAZZI - Kallil nella sua vita precedente faceva anche teatro, e siccome la stoffa dell'attore ce l'ha, è stato scelto come protagonista del film "Fiore gemello", prodotto dalla Picture Show con il sostegno di Regione e Sardegna Film Commission, girato da Laura Lucchetti tra il Sulcis, Ussana e Assemini, storia di immigrazione e d'amore, la presentazione è a dicembre a Roma.

Solo invece, guineiano, 17 anni, è un ballerino e partecipa a "The sea for social inclusion", progetto finanziato da Regione e Dipartimento di giustizia minorile che su una barca della NewSardiniasail Asd mira a creare professionalità legate al mare e alla salvaguardia ambientale.

Rodrigue, del Camerun, studia come un matto, frequenta le serali al Pertini, indirizzo socio-sanitario, aspira a una qualifica che gli consenta di lavorare nell'assistenza agli anziani e ai malati.

Johnson, nigeriano, ora è diventato maggiorenne e si è trasferito, fino a poco tempo fa suonava le percussioni durante la messa.

Gli altri fratelli sono Alhassane, ivoriano, Aliou, senegalese, Suwaibou, gambiano, Issa, sudanese, Moussa ivoriano, tutti coetanei, poche chiacchiere con gli estranei, indaffaratissimi ad apparecchiare, pulire, fare la lavatrice, stendere, guardare il notiziario in tv, discutere tra loro in un miscuglio di lingue, smanettare al computer, farsi scherzi scemi.

LE DIFFICOLTÀ - "No, non è facile, ovviamente, oltre alla burocrazia, ai bandi attesi, alle promesse delle istituzioni, alle complicazioni per le cure mediche, oltre a tutto questo, per stabilire una convivenza ordinata, normale e pacifica dobbiamo lavorare parecchio, capita che alcuni scappino durante la notte e spariscano nel nulla", spiega la responsabile, Franca Frau, "ma nel complesso sono bravi ragazzi che hanno tanto bisogno di affetto e di costruirsi un'esistenza. E si impegnano parecchio per farcela".

Le regole della grande casa sono semplici: sveglia alle 6.30, colazione, riordino della propria camera, divisione in due squadre per lavare i bagni, alle 10.30 attività varie (lezioni, laboratori, sartoria), all'una si pranza, il primo pomeriggio è concesso un po' di relax, poi i ragazzi prendono il bus per andare a scuola, fanno i corsi di alfabetizzazione del Cpa e chi ha già superato i livelli A1 e A2 può accedere alla terza media.

Parlano un buon italiano, giocano a calcio, a boxe, a tennis, alle 8 di sera devono rientrare, e se tardano, avvertire, come succede in tutte le famiglie del mondo.

Cristina Cossu
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