Di notte a piedi, di giorno nascosto. Così Giovanni Deiana è fuggito dalla Legione Straniera francese, otto anni dopo essersi arruolato… per sbaglio.

Inizia tutto con un “patatrac”. Una parola che nella bocca di Giovanni Deiana – classe 1943, occhi vispi da eterno ragazzo – descrive benissimo l’assurdità di quel giorno del 1963, quando si ritrovò improvvisamente soldato della Legione Straniera francese.

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«Eravamo in Francia, io e un amico di Nuoro. Non capivamo una parola. I gendarmi ci portarono in caserma e ci chiesero qualcosa in francese. Noi, senza sapere cosa, abbiamo detto sì. Dopo mezz’ora eravamo vestiti da militari. Fucile in spalla e via». 

Non una scelta dunque, ma una confusione linguistica. Aveva poi più di vent’anni, il sorriso ingenuo e nessuna idea di cosa fosse la Legione. Da quel momento, però la sua vita ha preso la forma di un romanzo pulp: addestramenti durissimi in Corsica, missioni segrete in Algeria, voli intercontinentali fino a Tahiti per partecipare – da perfetto sconosciuto – ai test della bomba H francese nell’atollo di Mururoa.

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«Abbiamo costruito un piccolo porto nella laguna, ci portavano con le chiatte. Lì hanno fatto scoppiare l’atomica. A pensarci oggi..». «Era una vita da carne venduta», dice con tono asciutto, senza piagnistei.

«Ti pagavano poco e ti mandavano dove volevano loro. Se tornassi indietro? Direi no, e scapperei prima». 

Già, perché alla fine Giovanni è scappato davvero. Come nei film, da solo: camminando di notte, dormendo di giorno, senza biglietto, senza soldi. «Se scappavi con qualcun altro, ti beccavano sempre. Io sono riuscito a tornare in Italia, ma quando sono arrivato sono stato fermato dai carabinieri: per l’Italia ero un disertore». 

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La sua fuga rocambolesca lo ha riportato prima in caserma: «volevano che facessi il militare, dopo otto anni di Legionene, altri due anni sarebbero stati un gioco, ma non avevo scelta. Così ho fatto 15 mesi e poi mi sono congedato». E poi all’amore: Rosina, il matrimonio nel 1974 a Esterzili e la partenza il giorno stesso per Milano. Lì, ha vissuto una vita più tranquilla: da cuoco, senza più mitra e ordini in francese.

Oggi guarda con occhi amari le nuove generazioni attratte dalla Legione straniera e il suo pensiero va ai giovani italiani morti in Ucraina: «Se non fossi scappato, sarei morto pure io. In quegli anni, lo avevo detto anche a un compaesano: era arrivato in Africa “Vai via finchè puoi”. Mi aveva ascoltato ed era scappato anche lui».

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