Calano i migranti accolti in Sardegna: 300 in meno rispetto a un anno fa
I numeri diffusi durante un convegno organizzato dalla Caritas a Quartu, alla presenza di monsignor Baturi: “Gli ospiti sono attualmente 629, nel giugno 2020 erano quasi mille”
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Cala il numero dei migranti ospitati nei centri di accoglienza straordinaria della Sardegna: oggi sono 629, lo scorso giugno erano 988. Nel dettaglio: 354 in provincia di Cagliari, 31 a Nuoro, 215 a Sassari, 29 a Oristano.
I dati sono stati comunicati nel corso di un incontro nell’aula consigliare di Quartu, in occasione della Giornata del rifugiato.
A coordinare i lavori, alla presenza dell’arcivescovo di Cagliari Giuseppe Baturi, il direttore della Caritas don Marco Lai, che ha richiamato il messaggio del presidente Sergio Mattarella e di Papa Francesco.
Lai ha sottolineato l'importanza dell'iniziativa per "fare il punto su una situazione in cui la mobilità umana continua ad aumentare e in cui i diritti dei rifugiati continuano ad essere calpestati in varie parti del mondo".
"Nel periodo della pandemia - ha detto invece monsignor Baturi - abbiamo conosciuto il valore della interdipendenza che, per diventare solidarietà, richiede la libertà di ciascuno che sceglie di aprirsi verso l'altro; ancora l'amore sociale, altra parola sollecitata da Papa Francesco che introduce un cambiamento perchè ci porta a far perno sulla storia individuale della persona; ancora l'amicizia sociale, in cui tutti i soggetti contribuiscono all'edificazione della società".
"C'è il rischio - ha detto invece il sindaco di Quartu Graziano Milia - che si manifestino problemi, che quella capacità di accogliere il diverso non emerga, che addirittura lo si additi come causa dei nostri mali, nonostante i dati statistici dimostrino il contrario. Per questo non possiamo permetterci di rimandare, ma dobbiamo piuttosto rilanciare con ancora più forza e convinzione l'integrazione, l'accoglienza, e quindi in particolare deve essere favorita la tutela dei rifugiati, deve essere coltivata più di quanto veniva fatto prima, perché oggi i rischi sono maggiori di prima".
(Unioneonline/l.f.)