Essere genitori è già una sfida, ma esserlo dietro le sbarre lo è ancora di più. Come si può mantenere un legame con i figli quando il quotidiano è scandito da sbarre, colloqui sorvegliati e distanze imposte?

La risposta arriva da “Liberi dentro per crescere fuori”, un progetto che punta a trasformare il carcere da spazio di separazione a luogo di ricostruzione familiare.

Grazie a questa iniziativa, promossa da “Con i Bambini nell’ambito del Fondo” per il contrasto alla povertà educativa minorile, sono stati attivati i primi Patti Educativi Partecipati, strumenti che coinvolgono direttamente i genitori detenuti, i loro figli e le istituzioni per creare percorsi su misura che aiutino a ricostruire e mantenere il legame familiare.

Dietro questo progetto c’è la cooperativa Panta Rei Sardegna, che con un’equipe di assistenti sociali, psicologi e pedagogisti ha già avviato percorsi personalizzati per cinque famiglie (e il numero è destinato a crescere).

Oltre alle cooperative Panta Rei e a Elan (capofila del progetto), gli altri partner sono:  Exmè&Affini,  Solidarietà Consorzio, la Casa circondariale “Ettore Scalas” di Uta, l’ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna per Sardegna (Uiepe), il servizio Politiche Sociali Abitative e per La salute del Comune di Cagliari e l’associazione Prohairesis e Aragorn S.r.l. 

Finora sono stati realizzati circa 60 incontri con le famiglie coinvolte. Si parte sempre da un dialogo, per comprendere paure, difficoltà e desideri. Poi si passa all’azione: da una parte, i genitori detenuti possono partecipare a percorsi di supporto psicologico di gruppo per riflettere sul loro ruolo e acquisire nuove competenze genitoriali. Dall’altra, i figli possono accedere ad attività educative e ricreative, come laboratori di teatro e musica, gite e sport, ma anche doposcuola per chi ha difficoltà di apprendimento.

Uno degli aspetti più innovativi del progetto è l’avvio dei primi tirocini di inclusione sociale e lavorativa all’interno della lavanderia industriale della Casa circondariale di Uta, gestita dalla cooperativa Elan. Per un genitore detenuto, avere la possibilità di lavorare è un passo concreto verso il reinserimento sociale e, soprattutto, un aiuto economico reale per la propria famiglia.

Il carcere spesso rappresenta una frattura dolorosa nei legami affettivi. “Liberi dentro per crescere fuori” dimostra che, con il giusto supporto, può invece diventare un luogo di consapevolezza e ricostruzione, dove la genitorialità non viene messa in pausa, ma trova nuove strade per esprimersi.

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