I documenti sono criptati dalla privacy, le mappe precluse ai più. La storia, quella che stiamo per raccontarvi, però, è impressa nero su bianco nel dossier più vergognoso dell’assalto eolico al Montiferru. Tutto secretato in questo lembo di terra baciato da foreste d’altri tempi, sventrate dalla violenza inaudita del fuoco nemico. Dietro l’invasione di pale e predatori di maestrale, tra il Marghine e la Planargia, si sta consumando una vera e propria “faida del vento”, con nomi pesanti e affari miliardari. Sarebbe tutto surreale se a scandire il tutto non ci fossero le carte di cui siamo entrati in possesso, nascoste nei meandri di un ministero che ogni giorno di più si rivela essere l’ufficio di Stato dedito all’assalto eolico alla Sardegna.

Storia surreale

In questa storia ci sono i progetti contesi, le aree predestinate e i contendenti, prima società anonime e ora protagonisti di primo piano nello scacchiere affaristico-energetico italiano. La trama di questo affare da consumarsi sulle ceneri del Montiferru è scandita da una sequenza impressionante di date e coincidenze. È la vigilia di Natale del 2021 quando una società per azioni, con il nome altisonante di “Infrastrutture Spa” deposita al Ministero della Transizione Ecologica il progetto per “colonizzare” il vento a ridosso del grande incendio che appena 5 mesi prima aveva devastato quel paradiso terrestre.

L’inizio dell’assalto

È l’inizio del grande assalto. La società di Pier Francesco Rimbotti è scaltra come poche. Nel progetto denominato “Parco Eolico di Suni” prevede espropri a manetta di terreni e aria, quella da affettare a colpi di pale protese per 206 metri d’altezza verso il cielo della Planargia. Espropri per una pseudo infrastruttura energetica che, secondo lo spropositato ego societario, dovrebbe essere un intervento da annoverare tra quelli di “pubblica utilità”. In realtà d’interesse pubblico quel piano di esproprio non ha proprio niente se non l’avvio di un’invasione senza precedenti di queste terre ancora per molti versi intonse, miracolosamente libere da quel groviglio d’acciaio tra nuraghi e paesaggi esclusivi.

La prima “bandiera”

Spetta, dunque, a “Infrastrutture Spa” la prima bandierina progettuale conficcata tra i paesini di Suni, Sagama, Tinnura, Sindia e Macomer, la capitale del Marghine. Il ministero che fu di Roberto Cingolani, ora diventato inspiegabilmente consulente energetico personale del Presidente del Consiglio dei Ministri, non ha perso tempo. Le procedure di evidenza pubblica previste dal percorso accelerato del Pnrr risultano concluse il 9 settembre scorso. È qui che gli appetiti si trasformano in operazioni societarie d’alto bordo. Le carte ufficiali e le indicazioni ministeriali omettono questo passaggio, ma dal 22 settembre scorso la società “Infrastrutture Spa” non è più la sola proprietaria di quel progetto.

L’Eni in Planargia

A subentrare è Hergo Renewables, non una società qualunque, visto che ad acquistare il pacchetto azionario del 65% era stato nientemeno che l’Eni, attraverso la società Plenitude, il braccio “rinnovabile” dell’Ente di Stato. Il “gioco” eolico in terra di Planargia, di punto in bianco, si fa duro. La scansione delle date è un puzzle che lascia senza fiato. La comunicazione alle borse dell’operazione eolica è scarna: «San Donato Milanese, 22 settembre 2022 – Plenitude – Società Benefit controllata al 100% da Eni, ha avviato una nuova partnership con Infrastrutture S.p.A. per lo sviluppo di progetti solari ed eolici in Italia e Spagna, attraverso l’acquisizione del 65% di Hergo Renewables S.P.A., società che detiene un portafoglio di progetti nei due paesi con una capacità complessiva di circa 1,5 GW. Infrastrutture manterrà il restante 35%». Con un tempismo da recordman, il 23 settembre, nemmeno 24 ore dopo la compravendita azionaria, il Ministero della Cultura, esprime il proprio parere, seppur attendista, sul parco eolico di Suni con una fulminea presa d’atto del pesantissimo subentro avvenuto appena il giorno prima della nuova società in capo all’Eni.

Irrompe mister Celano

Tutto, dunque, sino a quel momento, stava filando liscio. La corsa contro il tempo dell’Eni per conquistare il vento del Montiferru, però, registra un’inattesa quanto durissima battuta d’arresto. Sulla scena dell’invasione eolica, infatti, irrompe un anonimo signore di provincia, quella dell’Aquila, paese ignoto ai più, Celano d’Abruzzo. La sua è un’opposizione durissima rivolta direttamente all’Eni in persona. Nella missiva in nostro possesso, però, c’è molto di più di una semplice confessione.

Pagine che scottano

Undici pagine fitte fitte, un j’accuse senza precedenti, dove, per la prima volta, si mettono nero su bianco: il “sistema” eolico, gli interessi e gli affari, i guadagni “folli” di queste operazioni e la “bramosia” sconfinata dei signori del vento. A scriverle è Cesare Villa, il legale rappresentante della Vcc Scano-Sindia, la società che ha dichiarato guerra nientemeno che al braccio eolico dell’Eni. La contesa non è di poco conto. “Mister” Villa, in soldoni, sostiene che il progetto dell’Eni è troppo piccolo per essere utile alla società civile, intesa come comunità sarda, troppo dispendioso e nemmeno paragonabile alle “plurime” utilità che avrebbe il “suo” di progetto, quello presentato il 20 giugno scorso proprio dalla “Vcc Scano-Sindia srl”. Ne abbiamo dato conto nella prima puntata della nostra inchiesta: un parco eolico ciclopico da ben 336 megawatt di energia, sei volte più grande di quello con il cane a sei zampe, inconfondibile marchio Eni. Una vera e propria orda eolica, una sorta di aratro del vento, capace di attraversare aree archeologiche, foreste e paesaggi incontaminati. Il rapporto di devastazione è proporzionale, l’Eni pensa di mettere 10 pale da 206 metri d’altezza, il signore venuto da Celano ne ha pianificate 56. La contesa è senza esclusione di colpi.

Lo scontro frontale

Le carte fanno trapelare una vera e propria “faida” del vento. Il patron d’Abruzzo non usa mezzi termini e scrive: «Alla luce di tutto quanto qui di seguito riportato è evidente che il Progetto VCC garantisce proporzionalmente un minore sacrificio delle matrici ambientali, rispetto a quello imposto dal Progetto Infrastrutture (ora Eni n.d.r.), a fronte del conseguimento di una maggiore utilità socio-economica».

Appennini sfacciati

Il titolare della società venuta dagli Appennini a raccogliere il vento di Sardegna osa spingersi persino in ardite comparazioni ambientali. In sostanza afferma: il progetto da 56 pale, sarebbe meno invasivo e più rispettoso dell’ambiente di quello da 10. Potrebbe sembrare una semplificazione giornalistica, ma la prosopopea documentale in nostro possesso è anche più azzardata. Scrive Cesare Villa: «L'istanza relativa al progetto di Infrastrutture S.p.A. (ora Eni attraverso Hero Renewables n.d.r) merita di essere respinta, in primo luogo, perché con il predetto progetto, Infrastrutture verrebbe a porre in essere un’opera lesiva delle principali disposizioni poste in materia di tutela ambientale». Insomma, questo neoprofeta ambientale calato dagli Appennini in terra di Montiferru si duole delle dieci pale dell’Eni, già di per se devastanti, per “declamare” senza pudore le lodi “naturalistiche” delle “sue” 56.

Pantomima eolica

Se non fosse tutto scritto in un atto ufficiale si potrebbe pensare ad una pantomima d’altri tempi. Cesare Villa da Celano, però, non conosce confini. L’accusa all’Eni è circostanziata: vogliono mettere 5 delle loro dieci pale proprio dove sono previste 5 delle mie 56. L’accusa è circostanziata con tanto di fogli, mappali e particelle, proprietari e aventi diritto di servitù. Scrive il patron della "Celano company”: «Il progetto Infrastrutture, (quello dell’Eni), merita, infine, di non ricevere giudizio positivo di compatibilità e di non essere autorizzato per evidenti e irrimediabili interferenze tecnico-ambientali con il progetto Vcc anche alla luce degli accordi già in essere tra Vcc Scano-Sindia srl ed i proprietari interessati».

Pale una sopra l’altra

È qui che le affermazioni si fanno puntuali e documentali. Il titolare della società abruzzese afferma, infatti, di avere in mano i contratti di cessione o di servitù con i proprietari delle aree dove dovrebbero, secondo i loro calcoli, piazzare le pale eoliche a ridosso di Suni e Sindia. In pratica, secondo questa missiva tenuta sotto copertura, Eni e Vcc si candiderebbero, non solo figuratamente, a mettere le pale eoliche una sopra l’altra, nelle stesse aree.

Quei contratti “segreti”

La differenza, però, sarebbe nel titolo di proprietà: l’Eni, secondo la procedura indicata nel progetto, quelle aree le vorrebbe espropriare con una procedura per pubblica utilità, il signore venuto dall’Abruzzo, invece, avrebbe con sè i contratti già acquisiti per piazzare la sua foresta eolica nel cuore del Montiferru. Contratti “pesanti” finiti nelle nostre mani, ma questa è un’altra storia.

(2.continua)

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