Cinquant'anni fa, l'esplosione di un residuato bellico uccise un bambino e ne ferì gravemente altri tre. La cronaca. L'unica testimonianza di quella drammatica giornata del 27 settembre del 1972, rimane oggi in articolo ingiallito dal tempo che firmò Romolo Concas nella pagina di Oristano dell'Unione Sarda: Una bomba a mano ha ucciso un ragazzo ferendo gravemente altri tre compagni. Oggi, uno di quei tre bambini supersiti ha deciso per la prima volta di raccontare quella tragedia. La bomba dilaniò Alessandro Serra e ferì gravemente Sandrino Serrenti, Renato Bacchion e Bruno Sanna. Il professor Sanna che ha compiuto 58 anni lo scorso 9 marzo è sposato e vive a Solarussa. Di quel gruppo di compagni è rimasto solo lui e Renato Bacchion. Il racconto «Ricordo benissimo quel giorno - racconta Bruno Sanna (aveva 9 anni) - ero uscito per andare a giocare. Raggiunsi il negozio di bombole di Gelindo Bacchion, in via Carmine, dove oggi sorge il comando della polizia, ero e sono amico dei figli Nino e Renato. Ci raggiunsero poco dopo Sandrino Serrenti e Alessandro Serra. Era stato proprio quest'ultimo a trovare la bomba a mano in una vecchia abitazione diroccata». La bomba «Era di metallo rosso, pesante, a me sembrava un piccolo termos - ricorda Bruno Sanna - qualcuno, scherzando disse che si trattava di una bomba; suggerii di portarla dai carabinieri, era prevista infatti una ricompensa. La caserma si trovava proprio in via Carmine, oggi sede dell'Università». Ma il gruppo di ragazzini non andò dai carabinieri e, dopo una risata, si misero a giocare come tutti i giorni in quella estate calda. «In via Azuni passò anche mia nonna - aggiunge Bruno Sanna - ma non si accorse di nulla. Io e Renato ci mettemmo a giocare con un flipper mentre Alessandro e Sandrino smontavano l'ordigno: poco dopo fummo investiti dall'esplosione».

La vittima Alessandro Serra, 10 anni, morì il giorno stesso in ospedale, Renato Bacchion, 13 anni, Sandrino Serrenti, 8 anni, e Bruno Sanna rimasero diversi giorni in rianimazione. Insanguinato e ferito Bruno Sanna fu trasportato subito in ospedale sull'auto di un' insegnante, mentre gli altri feriti raggiunsero il San Martino a bordo di un'ambulanza guidata da Ottavio Lombardi. «Dei funerali di Alessandro non mi dissero niente - racconta commosso Bruno Sanna - perché ero ricoverato in ospedale. Riportai ferite multiple nella parte destra del corpo, un tatuaggio sul viso ora è quasi scomparso, un timpano perforato e una scheggia nell'occhio.

Gli altri più o meno le stesse ferite, a parte Renato al quale io gli feci da scudo». I genitori di Bruno Sanna furono molto provati dalla tragedia, ebbero paura per la vita del bambino e per le ripercussioni psicologiche dell'accaduto. «Parlai spesso con Renato di quel giorno - ricorda il professor Sanna - che adesso non vedo da un po' di tempo. Sandrino Serrenti purtroppo non è più con noi. Non ho alcun rimorso, ma sarei dovuto stare più attento. A scuola sto molto attento ai temi della sicurezza. Agli alunni spiego la pericolosità degli ordigni bellici abbandonati. Ringrazio il buon Dio perché sono vivo e posso raccontare l'accaduto».

Elia Sanna

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